RITRATTO FEMMINILE

Alla bionda e finissima hostessina,
la cui bellezza interiore si nasconde per me dietro la
conturbante e pressochè perfetta bellezza esteriore: ella
m'accompagna vuoi di sera vuoi di mattina al fatidico
posto di musical scrittura con quel suo far di elegante
natura, ché è come ascoltare il racconto di magnifica pittura
in immagine freschissima di musa dolcissima.

E mi sorride pura con quel suo fare quasi da bambina
che sa d'intima amica di sensibilità vicina,
mentre Le chiedo con imbarazzo pazzo
se mi può indicare quasi a razzo ove mi
sia stato assegnato il sito a me attribuito.

Lei professionale decide naturale di condurmi
immantinente al luogo ove sarò quasi dormiente
fantasticando fra Rossini, Respighi, Britten e Puccini.

Posso così ammirare, mentre Lei mi dà le spalle,
il suo portamento da gran portento nella
sublime personcina fatta come una vera figurina
così ben tornita e d'ogni bella forma fornita:
è il mio amore per le femminili rotondità,
così intrinseche di formidabili amenità,
che mi permette di pensare immediatamente
all'opera così mordente di Man Ray il sapiente
che il violoncello, sempre quello, volle immortalare
sui fianchi di fondo schiena della sua lieve donna aliena.

Ma qui c'è anche la viola da gamba appena piegata nel
salire la rampa con sicura agilità quasi da ‘ramba’ e
m'immagino, dalla gonna in orizzontale un po' spiegata,
che rende così umana la sua bellezza arcana con le
ben affusolate gambe fasciate di nero a maglia piena,
l'asimmetria d'un passo di danza che sa di Flamenco
nel suo batter di tacchi sullo scalino di parquet marino.

Valentina sarà il suo nome da me evocato, oh carina,
ch'io appresi un dì, presentandomi come a un'amica
di teneri sguardi, chiedendole tutto contento non so
quale parere su non so quale evento o portento;
la verità vera è che non riesco proprio a rimemorare
anche se cerco di assaporare il momento in cui
l'appresi, e mi sorpresi per esser stato così intraprendente.

Com'ieri sera che impertinente, dopo un ciao
accennato con la mano e un suo piccolo sorriso lontano,
mi sono fermato e ritornato sui miei passi
fendendo la folla in uscita, controcorrente, e
ho trovato il coraggio proprio strano d'offrirle, forse
superbamente, una mia breve composizione
che Lei vorrà giudicare acchè io Le possa dare
questa mia nuova gentil pensata, a Lei dedicata.

Purtroppo una sua collega è risalita imprevista e non
vista per dirLe qualcosa mentre Le consegnavo con
fare appena imbarazzato il foglio ben piegazzato
di mio privato testo innamorato. Chissà come sarà
vissuta questa lettura d'intima fattura, ma è comunque
meraviglioso vivere in natura così intense emozioni:
come quando nel silenzio generale viene eseguito
un pezzo musicale e sappiamo che magicamente
tutti palpitano interiormente, per poi all'unisono
applaudire in moto liberatorio e partecipatorio,
essendo l'uditorio che diviene il responsorio.

È nel riflettere sui gesti più automatici, sulle cose
più ovvie e naturali che si scopre madornali
l'infinità d'ogni atto fatto d'umanità universali.
E qui c'è l'attenzione all'umana persona, alla
gentilezza d'animo, d'una bellezza naturale
che sa essere discretamente offerta a chi ne sappia
cogliere il sentimento da sciogliere. Questa è la
misteriosa e meravigliosa forza della poesia
nella persona che l'ispira e in chi la scrive:
trasformare il banale nel geniale, perché tale è
la capacità d'amare e perciò di gioire la vita che
c'è stata data chissà da chi per stare qui.

Marco Maria Eller Vainicher
(20 aprile 2004)