UNA PICCOLA LETTERA POETICA
Timi Soara o soave, piccolo fiore biondo
dagli occhi d'azzurro mare
d'azzurro cielo, d'azzurro ghiaccio
intonsi e profondi come in un crepaccio,
il crepaccio fascinoso di vita
che ti rapisce come la morte bianca
che t'abbacina come il sole bruno,
tu dai boccoli d'oro su terra di Siena
tu dallo slancio della figura alta
e ben tornita.
M'ha sorpreso il tuo sorriso maturo
m'ha colpito la tua mano affusolata
la tua naturale eleganza di bimba
la tua straordinaria disponibilità ad apprendere.
Timi com'era intenso il nostro parlare
il nostro dirci d'anime solitarie come la Puszta,
ma pronte a congiungerci come le nostre voci.
Timi com'è grande la tua forza di vita
e sì che ne devi aver passate non so quante
nella tua giovane storia di trapiantata
ungherese in terra rumena, là
oltre i boschi, le selve carpate,
donna d'amore e musica
ch'ancora non so come suoni.
Timi vorrei farti sentire il palpito
d'un uomo forse così vissuto e
forse così bambino. Timi sei
la rinascita d'un tempo che va
cancellato per riavere un nuovo dono,
dono pieno d'appagamento, non
di paura che sia troppo tardi.
Sento grandi fatiche e grandi, grandi passioni
nel tuo vivere, sento grandi lezioni
nel nostro incontrarci e forse
anche amarci, chissà?
Ma è stata una gioia unica
in quell'interstizio di vita,
arrivato tardi e senza aver potuto
ascoltare il tuo suonare, averti
potuto invece parlare e poi baciare
sapendo di poterti rincontrare.
La forza del destino dicevano i padri:
come si fa a non esser lieti di
tanta grazia e di tanta bellezza
forse boccioniana, forse picassiana,
certo di una malia strana.
I tratti irregolari, la varietà delle forme,
l'incedere per sinuosità sapienti
e ridenti, la tua solarità
sfolgorante, non possono se
non far innamorare il poeta
che sarebbe felice di poterti ammirare
in tua esclusiva capacità di suonare.
Credimi come io ci posso e voglio credere...
Marco Maria Eller Vainicher
(15 gennaio 2004) |