PER FRANCESCA
(Forse un fiabesco Poemetto?)

Una piccola sorpresa
o una grande sorpresa?

In un attimo d'ispirazione
incontro una fanciulla deliziosa
che ricordo d'avvenenza preziosa
e così d'improvviso, come io credo
nostra vita vada vissuta e creduta
affidandoci al sentore dell'umore,
decido repente di darle
con aria sapiente una mia
piccola composizione (da musicare)
che si rivolge valente ad una oramai
grande adolescente ahimè evanescente,
i cui occhi meravigliosi certo non
superano l'acquea bellezza
smeraldina e verdazzurra
di gran forza dotata e strabiliata
dello sguardo arcipotente
di questa gran bimba attraente.

È una fugace apparizione,
un attimo vitale e spirituale
di indomabile spinta alla mia carica
di formidabile desiderio di vivere
e di gioia e di felicità e d'amore,
arcigraziato e mai di sé privato
perché dalla memoria potrà
sempre essere nutrito.

Tuttavia nella fuggevolezza del vivere
il mio fragile dei nomi rammentare
non m'ha permesso subito,
quando Phrancy 335 m'è arrivata
a sorpresa sulla ben detestata
macchina di lettura e scrittura,
di riconoscere la mia tant'impegnata,
eppure raggiante di sguardo e di persona,
piccola gran corrispondente alata,
la quale aveva voluto dedicare al mio testo
un sincerissimo e profondissimo saggio mesto
che supera i teneri errori d'ortografia
con la possanza della sua nostalgia,
così di getto manifestata e confessata.

Può perciò aprirsi un inatteso dialogo esistenziale
fra me e la mia d'arte fonte principale
che è nella bellezza d'anima femminile,
musa universale che col sublime profumo
corporale e la grazia d'ogni finezza visuale
fonde la più vera sapienza spirituale
nella Mens, che a ognuno è data ineffabile
da rigenerazione divina di cuore
e cervello, dei quali ogni umana
creatura è fornita e posseduta,
così da essere in elevazione compiuta.

Ho risposto alla tua poesia,
scrive la mia diciottenne interlocutrice
e stabilisce con tale matrice
un nuovo genere letterario che,
consistendo di una lirica corrispondenza,
senza saperlo avevo già anticipato,
inventandomi per Timi una piccola lettera
poetica che però richiesta non aveva avuta
alcuna, perché un epistolario come quello di
Abelardo con la gran giovane Eloisa
può farsi autentico e financo romantico
solo se protetto dallo sconcerto puro
che riuscirà a superare ogni muro
o barriera d'età, di cultura e d'empietà
della stupida e meschina società.

Così la mia principessa immaginaria
col nome della mia tata statu(t)aria
decide di rimanere in sua adolescenza primaria,
anche se vuol rompere l'oramai delicatissima
campana di vetro sottilissima
dalla quale sente d'essere avvolta
contro la sofferta gente stravolta.

Direi che la campana è per fortuna arcana
dentro di noi, è il nostro foro interno,
l’agorà di nostra pacifica beltà,
il luogo dei nostri più intimi umori
e amori e passioni e idee e riflessioni,
soprattutto delle gioie e degli slanci vivi:
non potrà mai esser violata o infranta, se la
preserveremo curandocene con la sapienza
e la pazienza che ci vengono dalla sofferenza
per le fratture, le grandi rotture, le aspre delusioni,
botte, scottature, che la durezza del crescere ci
preserverà, nel senso che mai ci risparmierà,
anche se di pace e non di guerra sempre ci
si proverà a vivere e gioire così da non morire.

Serbiamo allora la campana che è in noi:
la depressione sì a tratti ci afferrerà,
come l'altrui incomprensione e la nostra delusione
per indifferenza, negligenza e supponenza,
ma alla fin fine riusciremo a padroneggiarle
grazie a quel gran fuoco di pace interiore che mai
si spegnerà, perché la geniale ingenuità al più alto
livello ogni perfida furbizia e nequizia vincerà.

È il deprimersi che non ci capisce e l'adolescenza
(che per perdita a sedici anni di mia madre
e prim'ancora a dieci anni di mio padre,
non m'è mai stata data di vivere in piena valenza),
come l'infanzia o la senescenza, ivi incluse
giovinezza e maturità, saranno solo stagioni
diverse di nostra unica epoca di pacifica rivoluzione,
come lo è l'anno in evoluzione
che, rispetto alla quotidiana rotazione
di nostra terra in scansione, rimane
un'entità incommensurabile che tutti
i calendari delle diverse culture vorrebbero
normalizzabile e paragonabile.

C'è invece un quid d'ineffabile che sopravanza
le nostre diverse età e ci dà la superiorità della
scoperta unicità di vita sensibile, inafferrabile
da ogni specificità perché esprime la grande
e misteriosa universalità dello spirito vitale
nel generale mutamento corporale: la permanente
impermanenza del flusso rigenerante,
è il movimento dell'imprescrutabile firmamento
da noi sbirciato con incontenibile sgomento
e turbamento, la cui astrologica chiromanzia
vorrebbe pei gonzi ogni sfortuna portar via.

La magia del destino, l'assolutezza del caso,
come l'assurda emicrania a grappolino,
quasi condanna, che ti danna il capino
e diventa a tratti incubo nero. Ma tutto è superabile,
credimi saggia fanciulla-signora amabile,
basterà trovare le cure adeguate, forse
da gran medico amico di mio padre inventate,
se da te non pregiudizialmente rifiutate,
ma tranquillamente afferrate e perfino soavemente
accolte e quasi abbracciate perché ti libereranno
da quella minaccia ora inesorabile.

Allora per me sarà come per capitano Nemo,
l'Ulisse di Nostos, dell'eterno ritorno che
non ad Itaca da Penelope approderà,
ma grazie al suo Nautilus raggiungerà,
in una straordinaria e rintoccante
di fondale marino campana raggiante,
la sua gran maestra Sirenetta Phrancy (Frensi),
sempre pensata, immaginata, figurata, creata
per donare alla mia anima la gran pace amata.

Si realizzerà così la visione poetica stupefatta e
colorata di luce propria paradisiaca e pacificata,
che s'adagia nella musicalità innata della nota blu
mare ineguagliata, ove si fonde l'indaco al rosso e
al giallo dorato, in un verde azzurrato, per inebriare
di sé la meraviglia del creato submarino iperdotato.

Phrancy e Nemo, anfibi d'amore e di pace che
potranno vivere senza mai ferirsi e senza mai rompere
l'incanto del cuore, attraversando a piacimento i due
mondi errabondi d'aria e d'acqua tremebondi, se privi di
chi (Marco e Francesca?) li preservi, gemelli, in
continua scambievole metamorfosi. Come in
Ovidio, gran vate amico antico, e la sua Arte d'Amare,
costantemente desiata e ipotizzata per sempre
unita concepire un'eterna vita beata, a guidarli
e fors'anche bastare a tutto il loro fare in
illuminata Buddità per sempre pacificata.

Marco Maria Eller Vainicher
(23 maggio 2004)