LE INFINITE TONALITA’ DEL BLU
(COI BLUES) (4/4/23)

E’ arduo dirsi autore cantore,
dopo aver trascorso fin troppi
anni a far da scienziato dell’
impossibile in un mondo a questo
opposto, essendo quel ch’io oggi
vivo placido ed estetico di musica
e poesia intriso, mentre quello di
frenesia del profitto è tutto fatto.

La luce azzurra dei cieli marini
nell’inverno che fu del discontento
si muta, ora che in primavera siamo,
in blu profondo financo quasi notturno,
così come il crepuscolo d’ogni giorno
tutto ‘imbluisce’ le atmosfere volte
allo scuro degli oceani e secondo la
poesia “ai naviganti intenerisce il
cuore”. Ed è per tutti coloro che si
accorgono di viverlo e fors’anche di
sognarlo, mentre le notti attraversano
fingendosi in un musicalissimo “Rithm
& Blues”, che prima dell’alba si mani-
festerà nel medesimo blu intenso del
crepuscolo, essendo ora in sul finire
della notte che d’oscurità si è colmata.

E’ una condizione esistenziale quella
che in ogni età di vita, ma con diverse
tonalità, c’immedesima nella nostra
identità dinnanzi alla ricerca di senso
per quel tempo già vissuto, sebbene
ancora da vivere come nell’attimo che
c’è dato ancora da gustare verso l’ignoto
assoluto del post mortem. Ma qui vorremmo
ancor vivere in amore l’umore di quel relativo
spazio/tempo che ci ha fatto un poco conoscere
dei princìpi quantici di cosmica natura: dal sub
nucleare all’iperspaziale. E così da esseri
avvolti nel ‘non so che’ dell’irrazionale,
che è poi il sentimentale, ci facciamo condurre
sempre curiosi e sorpresi nei meandri delle
sensazioni d’arte che solo all’umano sono
ineffabilmente donate, pur nella cogenza della
sofferenza cui nessuno può esser risparmiato.

E allora il cullarsi nei jazzistici Blues dello
sconfinato meticciato di popoli e luoghi
e lingue e ambigue semantiche in comuni
sintassi sempre riuscirà a conciliarci, pur nello
scorrere inesorabile dello spleen che, mentre
ce la dona, col tempo la vita ci ruba, ma
senza che per fortuna ci se ne possa accorgere
nell’elegiaco canto dei poeti meta senzienti
perché sempre ingenui fanciulli permanenti…

MARCO MARIA ELLER VAINICHER