INVERNO A CAMPO CARLO MAGNO

Non sono riuscito a trattenere un intimo pianto
tra le mie conifere, creature di bosco rare e preziose,
longilinee aghifoglie sapienti danzanti in così ampi
e distesi silenzi...

Ecco poi uno strabiliante e fulvo frangersi di
larici contro la vista dei più vestiti fratelli abeti,
saggi capi indiani ciascuno ben abbigliato di verde
scuro: sono essenze sempre diverse e silvane e arcane,
tutte pazienti e resistenti nei millenni ed emanano
insieme ai loro prati un profumo di mia Inghilterra
lontana, in questa nevicata quasi incessante...

È il muschio, è l'umidìo, è l'essenza di resina
rappresa, è il dare ossigeno vivo a noi che lo sprezziamo
per idiozia diffusa.

La brezza sprigiona una carezza che tutto avvolge,
insieme a nebbia e neve, poi s'ode qualche rado
precipitarsi di cumuli bianchi dai rami colmi d'aghi
scurissimi sotto la coltre bianchissima.

Tutto è perfettamente vivente qua, nel chioccolio
dell'acqua che raccoglie i rumori sopiti degli animali
in letargo. Quale paradiso di sogni sotto questo pan di
zucchero! Quale brunissima legione di fratelli di vita,
che popola e rigenera per noi questa finissima aria
ultramontana, mentre le goccioline di natura quasi
m'impediscono la scrittura.

È viva la poesia, raccolta sul ceppo di un vecchio
tronco che sembra tagliato apposta per farmici
accoccolare sopra a comporre.
Ciao fratelli di vita, ciao ossuti pellerossa, ciao cespugli
di lapponi bianchissimi, vi abbraccio tutti, larici amatissimi
e puntuti pinabeti neroverdi: grazie per l'energia che m'avete
donato e ancora mi darete per quel poco o molto di strada
che mi resta ancora da fare... Grazie!

Marco Maria Eller Vainicher
(sabato 3 marzo 2001)