IL CORMORANO O MARANGONE
Psicanalisi e letteratura: il tema è troppo attraente per un soggetto, come lo scrivente, che ha praticato la psicanalisi per decenni ed infine (grazie alla musica) è tornato alla letteratura.
E questo nel senso che, dopo aver fatto il ricercatore in economia politica nientemeno che a Cambridge, ad Harvard, a Stanford, alla Columbia, per citare solo le sedi più illustri non italiane, è ritornato alla vocazione adolescienziale della poesia e della scrittura letteraria in generale.
Oggi si presenta alla Libreria Feltrinelli di via Vittorio Emanuele Orlando a Roma una rivista dal nome intrigante di un uccello
acquatico che ho potuto osservare dall'Olanda all'Egitto, dal Tevere di collina a quello in riva al mare. La sensazione è che si parli di qualcosa di ubiquitario come l'incoscio umano, legato alle trasmutazioni e alle trasmigrazioni.
È fantastico, per me che ho il medesimo disturbo non però percepibile da chi mi osserva, notare che tutti e tre gli oratori-psicanalisti dietro il tavolo s'accomunano per uno sguardo diplopico o strabico che
dir si voglia. Addirittura il colore delle pupille, sul marroncino profondo, li rende simili: sono due uomini e una donna, mentre
parla il più noto, e subito di suicidio si discorre in junghiana tradizione.
Per l'appunto dell'uccello d'Africa (nome anche della loro rivista in presentazione) viene ricordato lo sguardo assorto, che permette allo svolazzante pennuto dal becco adunco di vivere come abile pescante sotto superficie d'acqua e di corrente fluente (la metafora è proprio in tutta evidenza quella del flusso di coscienza, dal quale pesca i traumi chi cura i disagiati psichici e scrive sulla rivista, novello cormorano o marangone).
Si parla della capacità relazionale al di là della scuola sapienzale, che non va ideologicamente sposata. In teoria chiunque può fare lo psicanalista, non c'è regola corporativa su questo e lo si sostiene con un parere pro veritate di un giurista che di libertà è sostenitore. Un conto è la psicanalisi, vera indagine dell'inconscio ininquadrabile dalla legge, un conto sarà la psicoterapia, forse più operativa ma meno approfondita. In cent'anni, da quando Freud ha introdotto l'analisi del profondo, si sono potuti avere dei risultati notevoli grazie appunto alla libertà di ricerca.
Wilhelm Reich però è stato addirittura incarcerato ed è finanche morto in galera: forse ciò significa che chi pratica la psicanalisi sarebbe contro il potere? Direi: bisogna vedere.
Geneticamente siamo esseri psichici, ma sono proprio i rapporti interpersonali, essenzialmente i sentimenti, che ci fanno soffrire. Problemi forse insolubili, di ricerca infinita.
La parola cambia i geni per un premio Nobel delle neuroscienze, ordunque la vita è dialogo, e non solo poetico (come per Hoelderlin), ma neuronale e viceversa: evviva la terapia della parola (non per niente siamo animali dotati di parola). Così a me viene da pensare che l'approccio poetico-verbale al mondo, il saper dare un nome ai nostri stati d'animo, il saper tradurre in parole le nostre più intime sensazioni è forse una grazia divina e assolutamente umana, aggiungerei.
Per l'oratore patire significa vivere (preferirei di no!). Ora interviene un volto, che al mio amico oculista assomiglia e a quello economista anche, e osserva che chi soffre va in fondo a sé stesso, per poi riuscire a riemergere come un corpo in un fluido.
È il problema del comunicare al buio, poi si parla di analisi e scrittura. Così io intervengo per ricordare il valore della poesia anche rispetto ai diari come terapia. Amore per la verità, integrità, onestà, curiosità e conoscenza da parte degli psicologi naturali quali sarebbero gli scrittori o i musicisti.
Ordunque arte e psicanalisi, arte e scienza per superare il disagio interiore: ben venga chi se ne vorrà occupare, come Il Cormorano.
Marco Maria Eller Vainicher
(27 marzo 2004) |