DELLA CORONA DI ALPI ‘TORINESI’ E’ LA MERAVIGLIA  
(nella visione di prima mattina fin’estiva, dopo fortissima pioggia)

Potremmo dar loro il nome di Torinesi, anche se quali Alpi d’Occidente
son celebrate: dopo le Marittime, son le Cozie, le Graie, le Pennine,
fin’alle Lepontine e così via vers’Oriente: portano nomi di storia antica,
nelle elementari scuole tutte apprese dagl’italici alunni, né mai più in
oblio seppellite o rinomate…

Stamani quasi in alba un intensissimo temporale, qual bomba d’acqua, gran scroscio di pioggia a cascata ha generato sulla città e dintorni suoi, ma già ora mentre scrivo, il profilo di nostre più alte montagne s’è alla vista riaffacciato per il diradarsi, in quota e su lor masse, degli enfi nuvoloni grigio-scuri e così
il godimento di tanto variegato spettacolo frastagliato s’è potuto compiere appieno.

Non si può proprio resistere dall’ammirare le zigzaganti creste puntutissime che in catena a semicerchio contornano la città, quasi fossero un’enorme corona di ‘abbaci’ senza intralci. Quel che più commuove è la vista splendente dei residui ghiacciai, il risorto sole riflettenti, (anche se forse ridotti a nevai),
oltre il primo profilo, ancora oscurato dalla spessa copertura nuvolosa, dei prealpini minori rilievi, quali fratellini delle vette maggiori (a fortiori).

E’ quello il fondoscena teatrale, ma con un sipario orizzontale dovuto all’ancora sovrastante piovorna coltre di nubi, piuttosto che come d’uso verticale: ove la platea è formata dalla distesa delle cittadine magioni intervallate dalle monumentali elevazioni ed il palcoscenico sfocia sulle sorgenti dei più abbondanti corsi d’acqua, fra i quali quello che attraversa Torino è il primo per lunghezza e portata di nostra penisola tant’abitata.

Ma son quei picchi variopinti, nella generosa mutevolezza della luce solare, che sorprendono ad ogni istante: ed allora vien da pensare alla storia che sabauda fu di ‘regnosa’ casata desiderante simbolico luogo naturalmente coronato, in progressiva riunificazione di questo martoriato paese, afferrato
a più riprese da barbare conquiste prima esterne, ma poi financo interne da clerico e monarco fascismo, con tanto di pseudo vate prezzolato e sempre irridente, anche quando oramai decadente, perché a guerresche morti stra inneggiante coi suoi corifei arcifilistei d’Annunziando.

Se poi torniamo alla bellezza di natura: l’emozione, in commozione tutt’altro che cerebrale, sebben certo sesquipedale, ci riafferra e sazia il nostro desiderio di stupefatta poesia, senza stupida gelosia o foia di empia grandezza di sangue ‘mezza’, che fu ed è di tutti coloro che al potere anelano, com’al successo e al denaro (ben diabolico baro), oltreché alle militar vittorie!

Marco Maria Eller Vainicher (19/09/21)  (nuovo titolo del 16/10/23)

 

P.S.  Forse avrei dovuto celebrare anche il pinnacolo di quella Mole, che si staglia al centro cittadino sotto il gran panorama alpino, e altresì un impo-
nente cedro del Libano che fu in mia prima vista serutina di Torino, epper evocazione di quello in mio giardino fiorentino, che tanto miei giochi d’ infanzia, con poi quelli d’adolescenza, stimolò e promosse, quasi un fratel fosse…
Il coro alpino però, da cantare sopraffino, m’ha abbaci(n)ato talmente da farmi ‘immemorare’ gli altri rilievi mostratisi al mio estatico guardo. La Fiat, coi suoi auto fabbricanti stabilimenti, aveva nascosto la bellezza di questa città, che ora riesce a più risplendere e in apparenza senza proprio bisogno
del grande capitale industriale, oggi dislocatosi in lande tanto più nordiche quanto meno apriche e direi fiscalmente pudiche.