DA MARTA A UN MUTANTE COSTANTE
S'adombra il lago
pieno di leggende e isole
vulcaniche e sulfuree
che sprizzano fuochi
e fiamme fatue nelle
prime luci della sera.
Soffice soffio è il suo cielo,
morbida la sua acqua tersa
di superficie crespa e
smeraldina, quasi d'indaco
verniciata, contro le nubi
di bianca lanugine che
s'ergono alte a coronare
le sponde vicine e lontane
mentre un re minore di
Vivaldi glissa nota su nota
le gamme di colore sonoro
che ritmano il mio animo
d'osservatore placido.
Sono come un fioco lampione
che spande una piccola luce gialla
avvolgente e involvente come
le note di un piano handeliano
suadente e l'animo saziante.
Lontano verso l'opposta riva
una lampara si riflette e svaria
su scia lunga in brillantezza mossa,
quasi quadretto molcente
in pastello d'estate rinfrescante.
L'agosto avanza e si volge al
nuovo tempo d'autunno regnante
come sospeso in astro rinascente
ma non più ribollente.
Poi in aurora che ricolora
il suo specchio riemergente
s'alimenta il disco lacustre
di memoria più che illustre,
ravvivata dalla forza del vento
che anima inquieta sua superficie
sonora di sciacquettio mio e tuo
e suo in grand'orecchio comune
e dalla commozione di natura non immune.
Oltre un profilo di collina il grand'astro
di nuovo s'affaccia e sovrasta
tutto il visibil creato così illuminato
che permette alla visione non banalmente
retinica di darci un senso di beato
finalmente rinato.
Marco Maria Eller Vainicher
(15/08/04) |