DALLA SFORZESCA

Sappi, oh viandante di vita, che la quint'essenza d'Italia,
asta gnomonica fra oriente e occidente, come fra
settentrione e meridione di questo mondo nel cosmo sospeso,
bussola geografica d'Eurafrica più asiatica che atlantica,
nel suo farsi mediterraneo di mar qual lago,
nel suo modellarsi di pelago e d'arcipelago,
nel suo serrarsi e aprirsi di storia e natura,
s'afferra proprio qui, fra Cetona e Amiata.

Sono i due poli magnetici, bruni fratelli gemelli,
che innalzano i profili sempre ondulati e danzanti
della Val d'Orcia e di Chiana, con Trinoro
e Sarteano a far da puntuti spartiacque fra loro,
qual torrette superbamente difese dalla propria
natural ascosità.

Ma è il più vasto e tozzo conoide di Radicofani, che s'erge
qual torrione tronco e solitario in tanto cretaceo spettacolo,
a dare il senso del rozzo e zozzo potere di mezza tacca,
incurante, sornione e sovrano anche sulle cime altissime e
nobilissime di così ampie ed elevate montagne fra i Pennini
svettanti.

Penso a Ghino di Tacco, gran brigante di ventura,
il cui nome fu scelto con protervia e sinecura
da tal Craxi il disgraziato che figliò, pria di Ciampi secondo
arrivato, i due proconsoli ladroni di governo e opposizioni
con gran sfascio di partiti e cattolici e socialisti,
tutti eredi dei fascisti qual perenni saprofiti:
son Amato e Berlusconi, come vollero i copioni di
Central Banca piduista e contoterzista d'Opus Dei e
Massoneria per condur questo paese con gran cialtroneria
in preda a vil dittatura di fottuta banda di litiganti, così da
spartirsi sacripanti il bottino di comune ruberia ai
poveri migranti e a tutti i fatiganti per la ricchezza monetaria
dei governanti di stato e mercato.

Vedo allora gran stendardi cavalcanti con usberghi
supercelanti che s'avventurano invadenti conducendo
soldataglia fitta d'alabarde riflettenti per queste vaste
plaghe quasi semoventi nel farsi riarso di campi giallastri
intervallati da sottilissime lingue di verde qual lunghissimi
serpenti pressochè dormienti.
Sento cozzar di ferri e stridor di maledizioni e imprecazioni:
arriva sin qua a mezza costa, terrazza d'ove osservo la valle,
l'afrore di sudore e sangue con l'acre fumigine dei tanti
roghi che fanno appunto la terra bruciata.

Poi di colpo l'incubo si dilegua nella morbidezza
d'un'alba caliginosa e odorosa d'arbusti di bosco ceduo:
riprende il sopravvento madre natura di gran cultura
e m'avvolgo placido nel mattino dei canti di coturnice
che trasvola elegante col suo pennacchio in testa
e la coda striata qual pesce alato guizzante nell'aria
liquida e soffusa d'una prima mattina estiva piena di sole.

Mi chiedo sin quando ce la farà ancora la grande creatura terra,
qui di Toscana senese, là di montagna dolomitica, ovunque
di cielo e di mare tersissimi, a donarci quest'atmosfera
avvolgente di così profumato ossigeno, sempre minacciata
da troppe intrusioni di schifose emissioni di gas
ammorbanti come quelli fumogeni e lacrimogeni di
enormi ciminiere di armate corazziere, quali
bocche di fuoco delle militar polizie assassine di tutto
l'orbe terracqueo.

E sì che s'è capito che le centrali nucleari, le scorie
radioattive, le desertificazioni diffusive, gli effetti serra
super riscaldanti di petrolio e derivati, così inquinanti
per tutte le campagne urbanizzate e/o abbandonate
stanno soffocando il respiro profondo di questo nostro
mondo.

Io m'illumino d'immenso e loro si oscurano di
piccole meschinità. Chi sarà, chi sarà?

Marco Maria Eller Vainicher

(30/07/01)