ZOHRA

Arrivo stanco e negato di fisico conforto,
poiché non rifocillato da egizio ristorantino
ben mal fornito e in cerca di caffè che mai arriva,
fra hotels ed esotici me non-ristoranti, tutti in
fila disposti un dopo l'altro lungo l'interminabile
via, quasi fossimo in una newyorkese avenue,
per far sperare al povero avventore di poter
trovare conforto mai concesso, quasi fosse un fesso!

Ho prima a lungo conversato con Sara, attraente
bruna lupa ventiduenne, che scrittura gramsciana
m'ha all'Acquario romano letto e interpretato, su
autentico suo quaderno, lui incarcerato. È favola di Tolstoj
da lui ritrascritta, su cane grasso e lupo magro, a fianco d'altri
quaderni imprigionati e sempre fitti fitti su suo pensiero scritti,
quasi a fogli dover risparmiare in sì minuta calligrafia, per mia
vista dietro la vetrina, ahimé ben poco leggibili e gustabili,
tuttavia mirabili e sempre per me amabili perché memorabili...

Quand' anche Carlo, suo ragazzo, s'è a noi affiancato, mi son
Perciò risentito per lor (de)privato insegnante di comunista
e comunicante alta filosofica argomentazione, in mio eccesso
di coerente pratica attuazione per sua ordinata e sofferta
penetrazione nella real contraddizione di nostro tempo a
egemonia capitalista sia fordista sia, nell' oggi, postfordista.
Con l'orrido ‘Marchio-anale’ a tutti bollarci qual mandrie
vaccine riverenti, le tapine, al principio di sfruttamento
senza alcun possibile scampamento, come invece lo fu ai
tempi dei diritti dalle lotte conquistati e dallo Statuto dei
Lavoratori sanzionati, poiché in collettiva contrattazione
nazionalizzati...

Ho ora timore, dopo troppo d'insoddisfazione cammino,
di ritrovarmi in un'ennesima pizzeria-trattoria, quando
(e finalmente!) ben lungo da bar bancone di travertino
davanti a me si para e perciò mi convinco d’aver proprio
mia ristorante-meta bensì raggiunta, in quella buia
serutina settim'ora, per cui un buon di ginseng caffè  
domando e fors’anche comando.

Imperciòcché flessuosa giunca bruna, dagli oblunghi
jeans ingonnellati su alte atle(na)tiche leve bensì fasciate,
per esser tanto guardate e più ammirate, mi si rivolge
sorridente per sua premurosa preparazione farmi gioire
e vieppiù godere. Inizia allora, e per fortuna, uno scambio
fra noi d' amorosi sensi, fatto di reciproci, compiaciuti
sguardi, dopo i marosi della vana ricerca d'una ripresa
sana dalla mia stanchezza insana e giusto flusso d'energia
rigenerante scorre fra la fanciulla in fiore e l'attempato
poeta così risanato.

ZOHR’è suo nome di fiore arabescato, per suo aspetto
da indiana d'oriente dea dell'amore erotizzante, tuttavia
romana di nascita ma d'origine nordafricana d'occidente,
con babbo di Marrakesh e mamma di Casablanca
(o viceversa?), che anche buon marocchin caffè con cura
preparerà, a base di cioccolato strizzato e di mousse
di latte inframezzato e sovrastato.

Quella morbida bontà, in di sua dolce e corvina beltà tutta
da con lei gustare, ottima si proporrà per sincer'antico poeta
celebrante sua fascinosa e misteriosa luminosità mixante
e quo ante elettrizzante, di quella presto sè accoppiante,
in dei pesci segno, data sua di nascita februarina
ventiquattrenne, Zohra alla buon'ora tanto desiante inno
poetico per sempre amendue eternizzante e da trasmetter
a sua oggi ascendenza e domani discendenza, non sol
biologica bensì astrologica e persino pedagogica...

Profumato fiore, da mille e una notte graziato, or che
da fantasia di poeta colto sei stato, ma da tuo prossimo
beneamato sarai per tua sempiterna gioia rinfiorato e
ribagnato, nemmai deflorato, semmai rifiorito in rito
d'amor forbito, così da estasi saper creare e ricreare e
in fisico e metafisico accoppiamento beare, senza mai
a imposizione soggiacere, ma in capace accoglienza sempre
'riabbaciare' per vieppiù il poeta saper deliziare, dunque amare.

Marco Maria Eller Vainicher
(26/01/2011)