UNA DOPPIA POCAHONTAS

Vado nel sole invernale
a cercare le verdure
di fresco tagliate
da vignaiolo coltivante
e ruspante con la famiglia
tutta presente, quasi fosse
una gran tribù senza
eccezione apparente.

Ed ecco, nel mio ricordo
di nome insipiente, comparire
la giovane da fantina con visiera
incappellata e di volto somigliante
allo zio di banchetto reggente: piena di
energia evolvente qual nipote sorridente.

Così, dopo breve gioco su teatrale
personaggio celebre matto, Amleto da
Shakespeare coatto e da Ofelia tratto,
mi verrà finalmente detto con sorriso
compiaciut’allegro che di Simona è il
vero nome avvolgente e piacente della
ragazza iper ridente.

Imperciocchè, tornando pieno di sacchetti
verso il mio portone di casa, m’arriverà
aprente a stretta portata di sguardo e di
gentil viso evocante Viviana, la tenera
mamma ora soprana e prima delicata di
piano suonatrice e ispiratrice sempr’ascoltata
e quasi segret’amata quand’era adolescente
vieppù in me molcente per sua avvenenza
riservata e arcana, ordunque mai vana.

Ed oggi è vera e persino altera sciamana la
“Charmante Dark Lady” che da sua sì bella
persona grand’attraenza emana e promana,
poiché per me è in già piena e matura armonia
che tanto risuona e s’assona con mia vibrante 
anima persa ma tersa.

Cert’è sempre stata da me la preferita fra le
tre sorelle belle: secondogenita a Monica
la danzatrice di Flamenco canterina
oltreché supermamma dell’argento vivo
Alessio, che a tratti si lamenta come un
ossesso, ed è cuginetto di Beatrice, da
Viviana in passato millennio generata.  
Quasi fosse il fratello un po’ meno che
gemello perché figli di due sorelle, sempre
quelle, con Daniela l’ultima nata quasi fatata
di colori di mia mamma effigiata e capigliata.                                                      

Ebbene, di quelle due figure da squaw indiana,
sia Viviana sia Simona ridanciana, così
somiglianti e di tanto buon umore portanti, ne
farò una sintesi formidabile chiamandole
Pocahontas tutt’e due mie visioni sane, quasi
fossero di fumetto eroine alla Manara come
Coniglia Bianca e Chiappe al Vento ma non
Gwendoline, ‘donna di carta’.

Le giovani amazzoni cavalcano a pelo nudo
in corsa sfrenata su dorso di gran bel baio
per prateria sterminata verso l’orizzonte 
di Gran Canyon arancio azzurrato e da Rio
Grande facilmente solcato, in profilo di 
granitica guglia assolata che dall’acqua
limpida verrà stupendamente rispecchiata e
dalle aspiranti e raggianti cavallerizze sempre
quasi sposine increspata, nell’immagine di vita
ultrarapente e fantasticante ma mai assatanante
perché di intima gioia sentimentale nutrita in
scelta avita.

Marco Maria Eller Vainicher
(15/01/2005 e 1/05/2005)