STELLE, STELLINE...

Son quei volanti pesciolini coloranti,
di scaglie fosforescenti e riflettenti
sulla pelle bruna bruna in forme che
le sirene ricordano ed evocano.

Son le bimbe Sinti-Rom che presto
balleranno giocanti per noi in questa
Casa della Memoria, grazie ad esse
ora piena di colori, sono con le loro
“mises” luminose e velate che le nostre
anime rendono allegre e beate.

Stanno per attaccare in prepotenza una
danza ritmica mossa dai lustrini iridescenti
ed anche cantata, non solo musicata, con il
forte sapore orientale delle loro parole e delle
loro esotiche espressioni gestuali che mostrano
una universale capacità sapienziale e amicale.

È grande la spontaneità delle movenze tanto
ancheggiate e son tutte femminucce danzanti.
L’età non è forse superiore ai sedicianni e ci
son bimbe neanche decenni nell’ottetto in due
file di quattro che appare proprio di tutto rispetto.

Pensare che son oggi il popolo più perseguitato
e misconosciuto del mondo occidentale e giocano
sui sistri naturali che portano come fasce sulle
gonne dal blu, al verde, al viola, all’arancio, al
rosso, al rosa, al bianco, quasi bandiere di tutte
le patrie dei senza patria e dei senza guerra,
vittime di tutti le guerre al diverso, al vilipeso,
all’ignorato, al dimenticato.
Eppure: “nostra patria è il mondo intero!”

Si esegue una sorta di danza del ventre,
dove i tipi fisici più diversi si mescolano
in individualità mai omologate. Son bimbe-
donne dall’aria piccolo-grande ed una di
loro, forse non più che novenne ha un volto
di donna fatta e stravissuta sotto la sua fulva
capigliatura e dietro il suo sguardo ceruleo
chiaro chiaro, troppo intenso e dolente e per
questo infinitamente interessante e struggente.

Tamburellano le ragazze più grandi e accompagnano
tutte le danzatrici nella spinta del ritmo più scatenato.
Sono snodatissime le figliole e, pur nella loro contenuta
statura fisica, serbano il fascino ancestrale di chi si
manifesta per danze rituali, quasi fossero menadi epocali.
Gli strumenti musicali sono anch’essi di grande attrazione,
anche se può bastare la vocalità delle ‘danzerine’ per dare
vita a una vera e propria espressione musicale.

Si uniscono poi per naturale partecipazione sociale altre
ragazze rom in una inarrivabile spontaneità. Finalmente
arrivano i maschi ben ancheggianti e tutto insieme si
sfrangia e si vivacizza, coinvolgendo necessariamente chi
assiste per ricomporsi in una inebriante danza collettiva.
Evviva questa ‘fusion’ globale!

La più infante e intrigante fra loro proprio di Stella porta
il nome, quale astro nascente e sa già pronunciare massime
profondissime sulla vita, tale da incenerire ogni filastrocca
di noi “gagé”: l’incontro con la danza e la musica delle Romnià 
ci aiuterà ad aprire il nostro cuore al loro mondo e un dono
impagabile sarà per superare incomprensione e ostilità!

Marco Maria Eller Vainicher
(giugno 2008)