SOGNO PERCHÉ SON DESTO
(La mia più vera filosofia è nella poesia)

Anni, più anni son trascorsi in vana ricerca
interiore di magica occasione per la realizzazione
della mia idea d’unione fra danza e musicopoesia.

Ed eccomi finalmente a vivere quel tant’anelato
spazio d’incontro, ora incomprimibile e incommen-
surabile con la gran danza di mio tempo.

Sono state più di due ore di grazia nel poter studiare
a me di fronte il volto straordinario di quella ballerina
esile e filiforme che già m’aveva donato, e a tutti coloro
che potranno ammirarla ancora donerà, l’estasi del balletto
classico-contemporaneo più comunicativo immaginabile.

Ma è la sua espressione di viso così assolutamente vitale e
sapienziale che m’ha rapito e incantato in ricordo permanente.
Averle letto alquanto di mia poesia e alquanto detto di mia filosofia
in questo accaldato solstizio d’estate è stato sì appagante, perché
ho sentito vera e propria concentrazione in suo desiderio di molto
pensare ad apprendere e riflettere per proprio fare.

L’eleganza rinascimentale di suo profilo, la grandezza delle sue
ampie pupille in brillanza di sconfinato sguardo che nelle sue
profondità ti cattura per farti riamare la vita, l’asimmetria
di sua lieve vertical fossetta solo sulla sinistra guancietta quando
sorride di gusto e la meraviglia perlacea di suo diafano incarnato
sono fra i principali elementi visuali di mia riflessione su sua
geniale partecipazione a mia poetica impresa di danza musicoparlata.

Vivrò in tutto ciò solo un momento illusorio, come poi constaterò,
ma mia vita così sarà né di veglia né di sonno, ma soltanto di sogno,
con simil creatura a darmi il segno d’un progetto d’arte ancor degno,
non solo d’esser compiuto e rivissuto, ma d’esser ancor prima
lungamente tentato, pensato e carezzato vagheggiando un’ideal
figura delle tante piroettanti in mia favola mai conchiusa perché
dall’umana prosaica vicenda giammai delusa.

Tanto mia poetica fantasia mai potrà esaurirsi, semmai sempre
ricrearsi, e in quel frangente quanta disciplina, quanta attenzione,
quanta perfetta comunicazione appare in quel volto così assorto,
così intenso e propenso ad imparare dall’altrui esperienza e riflessione…

Veramente per il poeta la vita è dialogo, e non solo col divino di
Hoelderlin, ma con colei che saprà usare il proprio corpo nella sua
lieve movenza sospesa sui sentimenti di chi vuol provarli in nome
di quel senso di bellezza che nel suo animo potrà finanche volgersi
in intima tenerezza e commozione.

Né mai la danzante visione sazierà chi vorrà sempre gioirne,
per afferrare l’incessante albeggiare dei giorni di vita che ci sarà dato
di imparare a sognare, oltre che a vivere: nella danza e con le ‘danzerine’,
per il poeta ‘la vita è (sempre) un sogno (ri)destante’.

Marco Maria Eller Vainicher
(21/06/08)