SARÀ QUEL CHE SARÀ…

È una sera di lettura poetica
e con la chitarra s’alternano
all’autrice due lettrici di
componimenti non attrici, dopo
ardua introduzione di filosofo
in ‘sublimal’ concione.

Arriva così, in vista per tutti noi,
una dolce lieta bionda creatura
signora, “à coté” d’altra matura
(psich)junghiana pensatrice sicura.
La poetessa è una forza della natura
che genera mondi e cosmi
per brevissimi dittonghi…

Son ambedue brune e forti, mentre
la valchiria languida e pallida,
direi creatura marina e quasi bambina,
in quel suo fare deliziosamente
infantile e stupefatto mi conduce
nell’ascolto per universi pieni di
sublimi e opimi versi che m’incantano
a perdifiato, mentre osservo l’estrema
delicatezza ma anche la pienezza con la
quale dice quelle rime così ricche e antiche.

Poi parleremo e sarà lieta sorpresa
scoprire la sua disponibilità distesa,
nel dialogo gentile e naturale con
quel suo interlocutore particolare.

Discetterà di suo casato, d’arte e di pittura,
di cinema e di teatro, con fare del tutto
spontaneo verso la mia persona paradossale.

Sarà una lieta novella ch’ella
sia partenopea e s’occupi di
pubblicar poetiche creazioni,
mentre io potrò gioire dei suoi
stupend’occhi chiar’azzurri per
l’appunto fatti oggetto di poesia
che con inconsapevole maestria
le donerò in attenzione e che mai
potrò dimenticare per la coincidenza
alta e singolare.

M’è piaciuto il suo quasi non truccare
la diafana bellezza d’un volto di bell’ovale
con uno sguardo tutto particolare, su una
persona slanciata e quasi superdotata, in
notevole impianto di fianchi ben formati
e aggraziati e di leve piene ma affusolate,
come le mani di gran gentilezza dotate.

Ma quel che più ha contato è stato 
il suo rivolgersi in simpatia – mettendomi
a mio agio – al mio carattere socievole,
ricordando d’esser napoletana – secondo la
mia tradizione arcana – col nome d’Adriana
e il suo apprezzare d’averla segnata su mia
agenda come Anna, nome di donna per
antonomasia, per me poi di mia nonna materna,
in assoluto la più amata fra le donne conosciute.

Ho sentito una rapida intesa,
quell’affinità grande che Goethe
definì elettiva e che io vorrei
giuliva, intuitiva, affettiva…

Quanti “understatements”, quanti
sottintesi, quanti benintesi:
chissà se potrò mai dare in
lettura questa mia scrittura
alla morbida creatura che
mi parla anche con gli occhi,
perché forse è tutto un abbaglio,
un’illusione, una presunzione,
una pura ideazione. Ma a me
ora piace credere che la sua
persona sia in perfetta intesa
con la mia e voglia corrispondere
per piacevole serenità a noi infondere.

Marco Maria Eller Vainicher
(20 ottobre 2004)