POESIA E ANTIPOESIA

Auschwitz e Hiroshima,
l’attualità d’autoestinzione
del genere umano, per via della
smodata nuclear energia
posta al servizio della guerra
atomica: il terrore di stato
come gestione del potere.

E non occorrerebbe ancora
parlarne in poesia, quando
Byron ci ricordava che gli
ultimi giudici della storia
saranno proprio i poeti,
pari ai profeti incarnati
da un Abramo, da un Cristo
o da un Maometto. Tutti poeti
e profeti che originarono quelle
religioni fatte di canti e di credi:
son poesie musicali che nelle
folli menti dei fanatici divengon
strumenti di terrore, morte e
guerre di sterminio di massa,
genocidio, dissoluzione di ogni,
ancorché politica, umana ragione
storica così da mutarla in antistorica.

Mentre così mi vien da pensare in
gran vera pena, sui media si parla,
celebrandolo in ‘stramisura’, d’un
piccolo ‘uomopoeta’ appartato (Sandro
Penna?), schifato dai giri letterari
dell’italiota provincia fatta di vanitosi
e presuntuosi autocentrati, per esser
comprati e venduti in agognata celebrità
da autocastrati (alla Farinelli, il sopracuto).

 

È per sempre irridente e sapiente il
piccolo mago poetico che il lavoro rifiutò
e la primazia della libera natura sentenziò.
Ma poi solo si ritrovò per sua diversità
e fu come l’elefante cavalcato dai pidocchi:
la tragedia del suo (non) vivere ce l’aveva
dentro, senz’anche doverne (anti)poetare.

Marco Maria Eller Vainicher
(1/03/2008)