PER OLIVIA, COMPONENDO

Rosa e rosone, cuore
del liuto e del chitarrone
e anche della gotica cattedrale
dalla cuspidata facciata,
a tutto tondo nel transetto,
florilegio di luce musicale per
le venezian vivaldiane innumeri
variazioni, poi mozartiane e sempre
beethoveniane.

La limpida fragranza del rondò
pizzicato, come su incarnato
vellutato di gran bella dama
dalla rosata carnagione arcidelicata
d’Olivia tutta incipriata: la mia
ninfa impalmata che in un purpureo
roseto di Mileto vorrei cogliere qual
mio fiore delicato e mai, mai sciupato.

Come recidere, in questo ascolto
rassenerato da tanta arte giocosa
della musica prosa di Cecilia sua
dea sposa, quello stelo infinito e
segreto che mi lega come rosa a
suo terreno in special humus
alimentante e vitalizzante? 
La forza lirica sol’essa ci sosterrà
e vera spinta temprante e pazientante
sempre darà.

So che dovrei arrendermi mia Olivia mimosa,
ma quel color di porporina rosa che illumina
tua capigliatura e a tratti un poco l’inclina,
qual cascata dorata, riesce a inondare, grazie al
sole radente, d’infinite iridescenze la mia manica
di giacca scura e mi afferma che nel buio sempre
la luce ritroveremo, anche oltre la notte d’incubo
che per mia figlia, a te confessata, questa notte
ho già vissuto!

L’enorme rosa di vetro, che serra il soffitto a cupola
dimidiata del gran salone di canto beato, m’allude
faceta al compimento prezioso di mio pensiero sullo
stato d’animo (ar)rosato che fuga in speranza ogni
fantasma di tenebra.

Marco Maria Eller Vainicher
(20 dicembre 2009)

(Mentre ne rileggevo il testo, capivo che è come
un mero spartito musicale, da cantare, cantare
e far risuonare per incantare...)