L’ELFO (IN FOTOPOESIA)

È per sottrazione, per dimenticanza,
che in quest’alba fredda e piovosa
mi viene improvvisa, soprendente
rimembranza, che la poesia mi si pone
in addizione inattesa, insperata, dolce
ispirazione per nativa vena creativa.

Un uomo Silvano, con suo nome che
premette a foresto rude, romano mi
nega la concessione di qualche materiale
ricordo delle immagini dell’arcitalentuoso
Henri, non Matisse, ma Cartier Bresson:
in ennesima mostra esposto, questa volta
da gamma impressionante d’arcinoti critici
super pensanti, forse deliranti, commentata
e appesantita, al di là d’ogni evocativa visione
in bianco e nero di fantastiche foto…

Quanta supponenza, quanta vana gloria,
quanto cattivo gusto in questo stupidario
che è un abbecedario di come la parola
possa divenir schiava dell’immagine:
franca, per sua fortuna, da ogni noiosa
apostasia, purchessia. È la dimostrazione
che la poesia non ha bisogno di parole, che
le bastano le immagini, fors’ancor più
la musica, e che un genio è un genio nel
comunicarci il soffio vitale ed anche
mortale, mai banale di parole d’occasione.

Poi Silvano, per fortunata e singolare
Coincidenza, tira fuori l’immagine a cui
pensavo: è l’Île de la Cité nelle brume
d’autunno e il mio pensiero va a quella
struggente memoria soffusa che il vascello
dell’Olandese Volante, fantasmatica sagoma
universale, volli immortalare una sera dai
musicati e vieppiù concertati Fori Traianei.
L’eterno fiume, l’eterno mare, il Campidoglio,
il cuore di Parigi, salpare, volare, andare
per acque che conducano al mare, nel
fruscìo liquido che imita il vento timoniere
d’una rotta impossibile verso il ritorno
all’origine. L’ultima foto di Cartier, come
un gioiello traslucido, quando il disegno
l’aveva catturato da interi lustri, tutto si
tiene in quella ‘brochuriana’, come nello
sguardo di Tina-Yohana, Modotti-Pirez.

Silvano m’ha donato un attimo felice, poi
sarà già pirotecnico, psicopompo, perché il
nome di Elfo non mi veniva e intorno gli
giravo, ché gnomo proprio brutto mi ap-
pariva, nonostante la goethiana poesia da
Lui gnomica detta… Ed ecco allora centauro,
unicorno, aretina Chimera, quanto più potevo
provare a liberamente associare ind’inventare.
Lo stesso dono suggestivo di quella cuban
silfide Yohana, che poi m’avrebbe regalato le
sue sì femminee movenze, quasi per impressionarsi
in me come un’istantanea ‘fotopoesia’, ma per
esser cancellata da uno sviluppo errato che mai
alla stampa m’avrebbe portato, dunque al suo
artistico compimento e  senza un lamento!

Cartier, Bresson,
Henri, sto per andare a visitare le immagini
da decenni attese che ieri a Balthus associavo,
nostro ponte reazionario e universale, come
i due ponti di quel primigenio catamarano, che
in mia immaginaria isola urbana s’è trasformato.
Las Meninas (prima da Diego dipinte, le balthusiane
bimbe quasi adolescenti) nelle tue foto iridescenti,
che tanta, troppa umanità ci donano, siano per me
di auspicio magico (con Silvano inconsapevol
fauno) per flessuosa Yohana ridonarmi, grazi’anche

a suo gentil gesto riparatore, dopo tutto avermi
negato di sua vezzosità, per Lei con te in me serbare!

Marco Maria Eller Vainicher
(7 maggio 2021)