IN MORTE D’AMICO   

Mi sfugge il senso di vita,
forse mi sfugge: è morto un
amico, un amico è morto per
liberarsi da morbo che lo ha
affranto e per troppo tempo
l’ha avvinghiato. Ed io lo sento
presente e vivente, il mio amico,
ma senza più dolore, solo con un
infinito languore di amore, di fiero
e amicale amore.

Lo voglio presente, il mio amico,
e vivente: egli non può più
abbandonarmi, solo saziarmi la
memoria affettiva e aiutarmi a
capire che l’ultima liberazione
è nell’abbandono di questo
mondo, così immondo.

Supponendo che non ci sia più
necessità di ancora soffrire
e magari nuovamente perire:
per questo presi il Tao, per
cercare di non ritornare dopo
il limitare di questo tempo di
vita vissuta a nuovo tempo di
sofferta dipartita, per uscire per
sempre dal giro delle reincarnazioni
dalle quali spero proprio che anche
Roberto sia oramai salvaguardato
e alla fin fine esentato.

Marco Maria Eller Vainicher
(14 ottobre 2004)