ABBASSO LE MONACHE?
(riflettendo su una ciclistica gita domenicale)

In specie quelle di clausura che si senton le padrone
dei conventi, ove dovrebbero imparare a non strafare
respingendo i visitatori, che vorrebbero gioire delle
opere d’arte da lor signore custodite, le quali scambiano
la sacralità dei luoghi di culto da lor gestita per esclusiva
proprietà personale. Tanto più in questi frangenti di pandemia
che tutto intimidisce e instupidisce, coi divieti di polizia
più assurdi e retrivi per recluderci nella noia del non poter più
uscire per gioire delle umane e naturali bellezze e curiosità.

Quelle lor monacali gerarchie iniziatiche di pretesa col loro
dio conversare, dunque al ‘Superior’ intimamente aspiranti
in delirio di onnipotenza, son tanto favorevoli alla privata
proprietà di corpo e anima, che si rinchiudon in negativismi
infantili alquanto, alla più semplice e defettibile umanità, ostili.

Per l’appunto risulta sempre chiuso un già fortificato monastico
complesso, qui nella romana contrada, che invece aperto ho
fortuitamente scoperto, ma sol per pregar a modo loro in
conventicola e per i pochi adepti che non son, come me,
inaccolti e perciò reietti.

Irrita dover ubbidire a quella lor regola fedifraga, senza poter
gioire dei capolavori da loro mal gestiti in gerarchia oscura,
ma con la madre superiora tutta in bianco velo, quasi una
papessa fosse, e le subordinate di nero tutte abbigliate verso
quell’austero fulgore candido in comando che non conosce
penitenza, se non delle oranti sottomesse alle varie badesse
e in clausura da tutto e tutti separate, poiché intorno ad altari
ed altarini isolate in riti e cerimonie sempre riservate
a persone ben fidelizzate.

È di fatto all’avventore negata l’accoglienza in luoghi così
carichi d’arte e storia e perciò tant’insegnanti del gusto del
bello e del particolare, anche senza voler incensare a vuoto
le preziosità da ammirare, che in sovrana presunzione diventan
sol da lor godute e magari neanche più notate per pseudo mistica
sebben domestica orgogliosa abitudine.

Poi, svariate pedalate più in là, ecco, oltre le bellezze di superbe
architetture monumentali, un gran campo di tulipani d’Olanda
da cogliere per a casa serbarli e così rifarsi in tanto di natura
contatto con esseri di lor vita viventi (son forse meglio i fiori
delle monache?) che, sebben coltivati, autentica bellezza in
purezza esprimono nei lor tanti colori, ove il bianco questa
volta è veramente il più ricco di sensi che tutti li comprende,
ma non in artata spiritualità ostentata e tuttavia usurpata.

Per la verità è tuttavia un peccato reciderli dal lor bulbo per
poi cercare, nell’acqua gelida d’un vaso trasparente, foss’anche
di Murano o di Baccarat, farli simbolicamente sopravvivere per pochi dì.

Intanto è fantastica la città vuota da gran traffico che vista 
impedisce; e in bici ce la possiamo finalmente godere, senza
mai al timore di distrarsi cedere, ma alla partecipata soddisfazione
di territoriale curiosità, altrimenti sempre inappagata, abbandonarsi.

Mi son accorto che in questa gelata è il primo dì di primavera
e ho superato il numero di chilometri mai percorsi colla nuova bici,
pur essendo stato operato finanche alla cardiaca circolazione per
poter poi liberamente circolare e buon umore riconquistare!

Mentre scrivo il tramonto del sole illumina i piani alti delle
case che animano la valle sotto il verde colle del Gianicolo:
è come un cosmico lampo perché sarà per tempo brevissimo
ma memorabilissimo per gli speciali toni di colore godibili!

Marco Maria Eller Vainicher
(21/03/21)