SHUAA DI NAZARETH E FREGENE 

Con Giuliana ci siam rubati nemmeno
un pomeriggio di gita al mare in quel
sabato finenovembrino di luce splendente
che l’ambiente romano rende quasi marina.

Troviamo gli eucalipti già oscurati dal sole
radente nelle ombre allungate di tenebra
emergente su quella gran campagna di bonifica
che lo sguardo in agorafobia quasi terrifica.

Raggiungiamo la spiaggia quando la palla di
fuoco è quasi dentro il mare e lo tinge di rosso
flottante sulle lievi ondine azzurrine, sciabattanti
contro la breve risacca di bianco spumeggiante.

“Sono i colori di Panarea!” esclama la mia
infreddolita ma raggiante amica, entusiasta
di quegli attimi liberi da passare con un amico
del cuore sulla foce ‘moraviana’ di piccola marrana,
che è poi l’Arrone che lambisce il fu villaggio
dei pescatori fra i grandi aquiloni per surfisti,
quasi parapendisti volanti su grand’acquamarina.

Il crepuscolo dona a quel mondo un ché di astrale
con la palla lunare che già troneggia, ora che
quella solare è scomparsa nel chiarore rossastro.
In lontananza i monti della Tolfa fanno profilo
violetto contro cielo bluetto ed io tante fantasie
ci metto per rendermi il tutto surreale di senso
pieno antibanale che saprò presto esser fatale.

Cerchiamo un thè fra gli stabilimenti costieri,
chiusi serrati per la stagione morta, ma Fregene
ha un centro che è in via di Castellammare ove,
nell’aria salmastra e pungente di quella prima sera,
troveremo una farmacia con una deliziosa anima pia
che con grande sorriso sulle labbra mi darà due
scatole di gratuita medicina da ricordare ogni sera e
ogni mattina e mi magnetizzerà nella sua straordinaria
attraenza di giovin corvina con sguardo così vivo
da tramortire anche uno di difese non privo.

Le chiederò se è algerina per sua pronuncia
con l’erre un po’ arrotata alla francese e pei suoi
tratti certo arabeggianti, ma lei, con mia arcilieta
sorpresa, mi dirà che da Nazareth proviene ed io
“Allora, Buon Natale!” le dirò di rimando immediato
per esser ricordato nella lieta novella di nostra
subitanea e spontanea intesa l’un l’altra protesa.

Il mio umore arriverà alle stelle quando saprò che
via Marotta con via Viareggio segneranno l’altro
luogo ove dovrò recarmi, memorando vuoi il mio
viaggio estivo per il festival di Puccini vuoi il mio
incontro con gran signora editrice super gentile e
di alto stile.

Avrò poi il coraggio di ricercarla, la gattina bruna,
dopo una settimana che non mi passerà di mente
proprio per niente e, pur nel gran distacco apparente
per vincere l’emozione in tanta chiara esposizione,
le farò capire quanto io tenga a poterla conoscere
noi di semitica origine predestinati e lei col suo nome
così deliziosamente assonante di Shuaa istintivamente
ripetente.

Marco Maria Eller Vainicher
(26 novembre 2004)