QUELLA MERAVIGLIA DI SANAZ
(Un amore di due o tre ore o d’intera vita?)
(Chè in vita ti ‘rimette’… ).

Come uno dei 7 Monaci un po’ brilli di Lao Tzu,
dal ZenTao illuminati, mi ritrovo davanti a
straordinario volto enigmatico che d’Iran, qual
congiunzione tra Africa Dogon e Cina Manciù,
a me arriva grazie a violento nubifragio che dalla
tropicalizzazione di clima romano è determinato!

Ci siam rifugiati per ventograndine improvvisa
entro napoletano locale, da camorra plurigestito
e investito, quando Sanaz la sublime osservazione
banale esprime: “sì che l’ombrello non ho”. E
fuori l’uragano tutto inzuppa e avvolge senza nulla
risparmiare in improvviso vortice spaziale, ché
nessun ombrellone può resistere in quella piazza
del Pantheon, un attimo prima affollata a sua
doppia fontana da bramanti assetati villeggianti
e da tutto il mondo provenienti: son le quattro
e venti di pomeriggio di tregenda, ma per noi d’
inusitato amor beato, appena iniziato!

Scherzo e rido di tale banalizzazione degli elementi
più violenti, sia fuori che dentro quel locale “a fortiori”:
altro che Gomorra del Saviano di turno, osceno in sua
proditoria stupidità fellone, che parasegreti servizi
m’han impedito d’incontrare per con lui parlare alla
veltroniana del cinema casa, ch’eppur casino delle rose
fu prima nomata. Ed io alla Rosetta delle ricciòle ben
avevo mangiato, senza il conto voler conoscere per
pensare di sfatare oscura leggenda su sua mafiosità
da tregenda. Qual ferocia, dopo silenzio arcano in
luce diffusa, di quelle voci alto stonate quasi ad
impedirci, a me e a Sanaz, io di parlare e lei di
ascoltare per poi dovutamente replicare…

Sanaz è di diafana carnagione zoroastriana in traslu-
cida epitelial tessitura di volto dalla mia storia disegnato,
bensì di preistoria impregnato; e sì che nipote di Scià a
mio primigenio “first imprinting” fu designata in suo
dolce seno bianchissimo sotto capigliatura scura, mentre
a tredici, quattordici anni fui oltre la disvelata tenda di
suo bagno in mia casa iniziato per bellezza conoscere,
dunque il ‘benemale’ superare e in interiore estetica
magnetica sempre poter evocare ma senza mutare.

Sanaz è rapita da mia sì accorata narrazione, ma io suo
nome non riesco subito ad apprendere, per poter com-
prendere che di gran Yemen capitale quello è e senza
eufonica a, ma che la z dell’alfaomega include e racchiude,
così da mia guarigione proprio in quel dì farmi se(o)gnare.

E se vi par poco riuscire a superare depressiva mania
contenuta da carbolitio, coi relativi tremori ‘d’assalto’,
eccon di deformante ingrassamento gli orrori e da
poliuria ‘a fortiori’ esser afflitto e spaventato. Per
psichiatrica tecnica ben poco umana, che della Russia
staliniana un baffo si fa in violenza concentrata, avendo
io deciso d’assumerlo per causa di forza maggiore quo-
tidianamente sotto mortificante controllo di un mentecatto
del ricatto, che vile sua dottrina mi propina per iatrogenesi
medica protrattasi da ultimo per almeno trentasei mesi,
tanto che a inizio maggio di tre anni dopo ancora e sempre
da stupefacente depressione, in alta sanguigna tensione
d’iperpressione, venivo attanagliato e puntualmente dimi-
diato e da tanta cretineria afferrato per tossicità avanzata.

Sanaz riusciva con suo sguardo d’amore a scioglier mio
cuore e a farmi accettare d’esser ormai guarito nell’arco
di poche settimane, ma sopratutto in quelle pochissime
ore di nostro amore. Sanaz senza spavento sente d’esser
per me un portento e psicopompa dea al cielo mi conduce
qual Bea con Dante, in tuttavia terrestre paradiso. Altro
che Virgilio, spirito guida e senza volerlo del naziführer
antesignano, di tanti secoli da cattoinquisizione per sempre
sfigurati e nei secoli dei secoli macchiati dal sangue d’almeno
un milione e mezzo di cosiddette streghe che fra metà
Cinque e Settecento furono nei roghi bruciate, come le
vedove brahamine sacrificate in nome di barbarissime
norme e usanze e tra le religioni vincolate, per orrende
transumanze indoeuropee e perfino ugrofinniche dall’
Odino dio della guerra celebrate.
Intanto Sanaz la sublime con me resisterà a tentativo
d’esser di tavolo spostati, dopo esser stati forzati, quasi
da negriera nave fossimo tradotti e ai lavori obbligati
incatenati.

Nello squallore dei berci che, a voce quasi (s)gridata
e sempre sguaiata, cercan d’impedirci di comunicare
fra noi in intimo dialogo e a una prova d’amore ci spingono,
così da continuare, imperterriti e quasi imperturbabili,
a quel comunicare che è già amare. Io mi bagno dentro per
non bagnarmi fuori e Sanaz, qual mia risanatrice omeopatica
“nux vomica” mi mostra, avendo tutta la mattina rimesso ed
ora trovandosi in reciprocità da me curata, con mia energia
pranica dalle ferite mani mie emanata su suo pingue
pancino sì morbido e tanto tanto caldino. Che stupenda
meraviglia in tale parapiglia, che infinita ragione di
resistenza nella magione d’una camorra da Gomorra.
E sì che nostri sguardi ci penetrano immani mentre
nostre mani uniamo in calore d’amore, col freddo e
umido vento di fuori che nemmanco sfiorar ci può perché
nostra corrente energetica è ben più forte di quel freddo
alito, che debbo frangere anche nell’istante in cui scrivo
e ampia finestra serro, per tutta mia casa in tranquilla
passione avvolgere e proteggere. L’intensità, la profondità,
la gioia d’un gioco amoroso ci dà immediata felicità e
strabiliante intesa cuore a cuore. Oh mio amore, che
tanto ho inseguito nel gelido silenzio d’occidentali muse,
mai aduse ad orientale saggezza benevolente e sempre
stupefacente, quindi mai saccente e/o esibente.

‘Credimi Sanaz di meraviglia, il tuo mago di Oz sempre
in cuor suo ti porterà, dopo tornado da Oklahoma a
Roma proprio oggi qui trasvolato, né finto maestro sarà,
come al contrario quell’orribil ‘berlu’nano che per un post-
fascista ventennio questo paese ‘inano’ ha in anticultura
iugulato, in palese di diritti umani calpestamento e super
schiacciamento con sua cultura d’annientamento cerebrale,
quasi fosse di Khomeyni pasdaran seguace e grazie a
vaticana complicità.
Ecciò sotto la gran cupola che antico fiorentino
disegnato ha, e per nostre macerie in aggiornato fascista
concordato di colonnato accumulato ha, così da ‘reacci’
in cesaropapismo far continuare a regnare
(essotto mentite spoglie), seguito in alternato da quei
vuoti fatti di pieni men rossi che neri, pseudo martiri
d’uno stato antistato in diffusa illegalità legalizzata
e così da medaglie all’anti memoria ‘disonorificati’,
in assurda congiunzione italoiraniana o ‘persianoitaliota’,
da politica polizia
in idiozia sorretta.’

‘Ora riconoscimi, mia splendida ventottene, a Isfahan
nata quando lo scrivente, a metà degli anni ottanta,
fu costretto a ‘fuorientrare’ da New York a Roma per
nella lanterna della cupola esser relegato e oscuramente
torturato, anche perché isolato. Che squallore, che furore:
nell’attimo son ristabilito da nostro formidabile amore,
fra noi distillato come superalcolico che i 7 monaci ha
ubriacato, quasi fossimo “in vino veritas” prima affogati
e poi per sublimità salvati. Umiltà vorrà che quarantanni
suonati sian lo spazio illimitato di nostro “spread” annullato
e mai più considerato, nel massacro dei ‘multimassmediologi’
ideologi per stampa, televisione e ‘social’ ‘internettari’
in soffocante rete esserci prima impigliati, ma alla fine
liberati: tienti forte mia Sanaz guaritrice, che altre prove
sarem chiamati a senza sosta affrontare, ma mai
inopinatamente accettare.
Evviva quell’amore che per risanamento di tutto nostro
e altrui firmamento salvar ci potrà, qual medicamento
senza psicofarmaco alcuno, ma solo e soltanto
in natural e schietta spontaneità!’

 

Marco Maria Eller Vainicher
(21 luglio 2013)