PER SILVIA     

La brillantezza di quello sguardo
la finezza di quel profilo greco e
romano e della sua bella persona tutta,
la brunità di quei fini capelli stupendamente
raccolti ad esaltare la cammeosità di
testa fantastica e cignesco collo su
clavicole che affascinano un tondo
decolleté illuminato da piccolo filare di
perline con orecchini trasparenti da mercatino
che ancor più esaltano l’assoluta superiorità
dei tratti imprendibilmente femminili…

Ecco chi è Silvia per me: un’apparizione
che solo fatata non si può dire, perché è la
pienezza di giovinezza e mia arrendevolezza
a quella sua gran bellezza che
diviene indicibile e ineffabile ov’io
volessi osar violar l’inviolabile sebbene
impermanente permanenza di sua (e mia),
nell’attimo, insuperata beatitudine.

La conversazione, come mille ruscelli
che a medesimo trasparentissimo laghetto
confluiscono, riesce ad essere fluente e
scrosciante di freschi zampilli chioccolanti,
e di mia vita addolcente per suo sguardo
potente che mi fissa tranquillo e ben
concentrato, quasi assorto come se mai
imbarazzo potesse con e verso di me
conoscere o se mai ipotizzare. Sento,
ed è straordinario, sua indefettibile corrispondenza
profonda in reciproca, speciale, unica attraenza.

Questa è mia persuasione quando ella
vuol ringraziarmi, Silvia, Silvietta, Silvina
per quella piccola e innocente manfrina
o peana forse tanto intelligente come inebetente
che io le rivolgo da aedo antico e benedicente…

La prima pagina riempita,
in questo bianco vellutato che
fa scorrere la penna quasi di
carezza tatuata fosse fatta mia
scrittura, con pennino non troppo fino
ma un poco spampanato
qual fiore che si posasse sull’incarnato
di mia musa mai ferita e - si pensi! -
proprio udita. Ebbene cerco di
avvisarla per mia composizione
di sua gioia coronarla. Son così
sostenuto da ascoltatore disinteressato
che tuttavia mi darà il numero sbagliato
e mia ricerca disperata passerà per
vie traverse con l’ingegno stimolato
da tanto desiderio della soluzione conseguire.

La signorina Silvina riuscirò poi a sentire
e a farle capire che stupendo sarebbe
mia poesia sulla sua bell’arte naturale
in originale alfin saper ricevere. 

Sazio sono intanto d’averle fatto sapere
che in suo nome vera composizione
esiste e può esser ricevuta e sempre avuta
senza tramite elettronico che non permette
la fragranza dell’autentico ma al massimo,
se ciò che scrivo scannerizzar sapessi, una
mera fotocopia, quasi un falso d’autore
sarebbe e rimarrebbe.

La poesia non è sua, non è mia, è opera per
l’arte bella in sé che sarà gioita da chiunque
leggerla e ancor più ascoltarla potrà
ed avere libere visioni della Silvia
ch’io ho potuto immaginare e rigenerare.

Marco Maria Eller Vainicher
(17 aprile 2005)