PER GABRIELLA   

Un trattino di volto appena accennato
con sguardo nascosto dai riccioli biondi:
ne vedo il profilo certamente avvenente
ma non posso saperne nel sorriso enigmatico
l’interesse a chi legge e a chi scrive.

Siamo ad assistere a un duetto in falsetto fra
poetessa celebrata e giovin’attore, che gioca
sul vecchio, a me imposto per intero anno
scolastico dei miei quattordici, Giosuè Carducci
il tosto; e sorridiamo, ci chiediamo, ci
interroghiamo sulla metapoesia che qui si fa
alla terza potenza, elaborata sulla seconda
dialogata, e ispirata dal graziosissimo visino
mosso da perfetto nasino e intrecciato dai boccoli
di bimba di quella arcigiovin signora, che ho eletto
a mia musa di riferimento nell’intero firmamento
di beltà presenti in quella pur indefinibile età.

Ora i suoi occhi son socchiusi, ora apertissimi
in azzurro-verde chiaro, su quegli zigomi alti alti,
sorretti dalle braccia conserte in angora scura,
ben più efficaci del mio sostegno di scrittura
fatto da eskimo troppo morbido per l’imbottitura
che è destinata piuttosto a scaldare che non a fare
da base al mio scrivere del sorprendente vivere.

Intanto sto pure sudando per lo scirocco che ci
scirocca romanamente in questo inizio di dicembre.

Ricorda, quel volto assorto, il modello
di bellezza del mio tempo d’adolescenza
con la straordinaria attraenza di gran natura nata
in Costa Azzurra. Era quella natura che incantava
nel cinema, dopo aver affascinato i pittori e un po’
tutti i cuori: “Et Dieu Créa la Femme”…

Un attore interrompe il mio, sebben richiesto, intervento
perché mal sopporta ch’io rubi la scena e mi redarguisce
in furente ‘polemos’, come per sproloquio depistante,
mentre io dichiaro la mia poeticità a tutto l’uditorio
che s’agita per la trasgressione del dire pubblicamente la
dedica a fanciulla di bellezza seducente per poesia nascente.

È un’attrice che pensa di potermi aiutare
con recitazione di mia composizione
e che si complimenta con sentito bacione.
E per di più la lieta creatura avrà nientemeno
il nome di mia mamma Lilli e poi Gabri da
sposata e forse mai da me superata, perché
troppo presto se n’è andata, lasciandomi
in costernazione per lei abbandonata…
Ora forse ritrovata?

Marco Maria Eller Vainicher

(3 dicembre 2004)