MOIRA DELLA LOIRA

T’ho vista bambina e con tua sorellina far
coppia gemellare: che tenerezza solare lei
risvegliava in questo similpoeta liminare!

T’ho vista adolescente e di prima giovinezza
aggradare nostri incontri subliminali
mentre altra gemella flautista a te coeva
volli di me innamorare e con me sperare.

Voi bionde e faconde e sorridenti
sempre allegria volevate mostrare
anche se dai tuoi occhi di fiamma
in azzurro acqueo spersa potevo indovinare
quanto a volte in tua anima t’eri persa.

Sì Moira dalla rinascimental bellezza
Leonardesca e prim’ ancora Petrarchesca
che supera l’ineffabile per arrivare
all’ “insaisissable”, al mistero puro,
tu hai un formidabile sguardo dolce-duro
in quelle pupille di grand’azzurro mare greco,
ove vorremmo tutti bagnarci e crogiolarci
sotto cielo che in filigrana dona a quella
trasparenza quasi orientale e boreale
un’iridescenza di gran solar brillanza.

Ed i chiar’ondulati capelli tuoi dorati, che
il dolce viso coronano come fiamminga
regina di Braganza, qual Isotta di Tristano
lancillotta e un po’ pienotta e di Ginevra
regina la saggia paggia, consigliera selvaggia,
ti rendono damigella di rinascenza.

Essi fan pur rimembrar il modello greco-romano
classico di quella Parca che, assistendo il babbo
Kronos inesorabile filatore di nostra terrena
esistenza, il tempo segna e taglia di nostra vita
mortale e insapienziale, ov’anche la mia rientra
forse in modo pressoché totale.

Ed il mio vederti sempre per le scale,
con rare apparizioni in altri luoghi
dello speciale nostro universo astrale,
qual un dì in un caffè di quell’Ottaviano
vicino crocicchio imperiale, che fu occasione di vita
e mi fece percepire la tua smagliante femminilità,
o quando a un seminario di salute ci trovammo
e fu per non darci dànno che conversammo
amabilmente in tanto impegno di reciproca
intelligenza senza mai alcuna supponenza,
non è forse segno di lontana vicinanza magistrale?

Poi, per qualche faccenda o incombenza di buon
vicinato, ci siam detti quanto bene stiamo se ci
vediamo e ci parliamo negli occhi guardandoci
e con le parole assecondandoci.

Or, ultimamente, dopo che tante volte t’ho sentita
salire al bucato stendere (tu, la bella lavanderina
o “Die Schöne Mullerai” di un lied schubertiano)
su gran terrazza che mia casa sovrasta e di compagnia
mi permette la via solitaria in quest’ultimo decennio
di divorzio da mia figlia senza vera affettiva sfera, m’hai
finalmente sollecitato a cercare fra carte e memoria
qual mio scritto avessi, a te pensando, creato, curiosa
di sapere che cosa di te poteva avermi ispirato.

Devo dire che il tuo suggerimento, quasi fosse stato
lo squillo d’un reggimento, ma piuttosto segno di
nostro struggimento, causato da casuale proposta
d’ospitalità per mia amica pianista americana un
poco povero-strana nella tua pensioncina vaticana,
ci ha permesso di considerarci musa e poeta,
splendida trentenne nel fiore dei tuoi anni
oramai donna piena con quel tuo sguardo
affascinante e quel tuo ben minuto fisico
in sue fresche forme addolcente
(e quasi ancor adolescente?).

Ma, Moira, qual figura di Klimt aggraziata,
è la tua beltà interiore che più prende il poeta
e lo rapisce dalla meschinità del mondo
e lo eleva per iperurani sublimi e nirvani,
mentre ti guarda anche ora in sua angelica
immaginazione e visione nell’azzurro cielo,
nell’azzurro mare dei tuoi occhi interroganti
e dei tuoi boccoli d’oro d’angelo riflettenti
che scendono intorno a tuo viso stupendo,
di tanta grazia dotato e strabiliato.

Perchè tu sempre stupefatta sembri
e lo stupore è calore per me che tanto
privato ne sono stato per amore dell’idea
che alla politica persecuzione m’ha portato.

Sarebbe di meraviglia cerchiata una storia
inviolata con te in piena immersione battezzata
e da tanto gentil “rispetto-aspetto” alimentata.

Non ho mai osato tanto pensare, sebbene
la mia passione per la tua persona sempre
m’abbia spinto a te parlare di miei amori
e sentimenti e languori fin dagli albori
di tua avvenenza matura e sicura, piccolo
angelo dallo sguardo d’arcangelo al quale,
custode di mio poetare che considero non
banale, questa mia leggerò delicato e frale,
augurandomi proprio che tu non voglia
distruggere mai questo mio sogno poetico
che sempre ci ha uniti e ci unirà nell’attimo
fuggente e fulgente, impermanente ma
permanente, luminoso e meraviglioso che
dice che l’amata creazione è qui e ora in
nostra mente, che nel nostro cuore forse
riusciremo ad accogliere per mai più perdere.
Evviva Moira, evviva per una vita giuliva.

Marco Maria Eller Vainicher
(17 marzo 2005)