MARIA VITTORIA E L'INSUGHERETA
Sono in cima a una collinetta fra Trionfale e Cassia,
pronto a ripercorrere in bici la via che m’ha portato
in una fresca giornata di sole di fine inverno da casa
mia a San Pietro a questo grande parco romano
dall’accesso miserello e trascurato, come tutto in
questa città abbandonata a sé stessa.
Eppure fantastiche di storia e orografia son queste
mutanti vedute che altri fasti rimemorano.
Mi son rinvigorito a pedalare e sono lieto del percorso
compiuto mentre lungo l’orizzonte (degli eventi?) si
stagliano tanti ‘appennini’ come innevati oltre i profili
mossi e aduggiati da orrende costruzioni in cemento
armato altrettanto invasive delle buche romane che
rendono tanto pericoloso il cammino.
Il sentierino in terra battuta e dilavata m’ha ora
condotto a incontrare un ‘nonnonipote’ dalla
conversazione amenissima, quando d’improvviso
una telefonata cellularizzata di fresca voce femminea
m’invita a incontrarmi con lei.
Sarà bello correre impegnato sui saliscendi della Trionfale
e delle Vaticane mura per saper di trovar qualcuno che
ad accogliermi verrà con anticipata puntualità: una Maria
Vittoria che bionda immaginavo ed è bruna, da me salirà
meno enfatica di quel che m’attendevo e così, nel dì di
donna m’allieterà ed un ciclamino rosso appena reciso mi permetterà d’offrirle in segno di mio ‘grangradimento’.
Maria Vittoria con me un poco giocherà nei suoi
trentatréanni e da signora esperta si muoverà facendomi
intendere sua bella spontanea intesa da compagna artista
piena di grazia e delicatezza.
Sarà breve ma poetico l’incontro nel sol di mezzogiorno
da maturo antimaestro a scafata allieva.
Gentile momento tanto caduco quanto permanente nel
suo farsi dialogico, intimo e discreto quasi il suo nome
di Nike volesse darci l’energia d’un indelebile memoria
per la quale ora scrivo!
Marco Maria Eller Vainicher
(08/03/2015) |