L’AURORALBA DI YOHANA

Oggi riapre al pubblico il romano comunal roseto,
che fu ebraico luogo d’eterno riposo, ed io scrivo in
Yohana mentalmente riflettendomi, ma colto dal
rosa pallido di questa prima primaveril aurora che
mi ridona “tutti i sensi del rosa” o di quella eterna
rosa (forse da mai cogliere) che per sempre per me
sarà Musa Yohana in quel verso di me ardente
sguardo accorato quando, quasi non trovando il
coraggio di dirmi che oramai da giorni la mostra
delle fotografie di Tina Modotti al Cervantes più
non c’era, m’offriva con femmineo dolce gesto
discreto piccola brochure ove avrei ritrovato di
Rafael Alberti commovente poesia a Tina dedicata.

Come ora io dedico alla delicatissima Yohana, che
pur quale montagna sacra s’erge a me dinnanzi,
quasi vetta irraggiungibile e perciò ancor più
desiderabile, declinando ogni mio, seppur
fantasiosissimo e timidissimo, invito a rincontrarci
per amorevolmente palarci.

Già Hölderlin sempre ripeteva che “la vita è dialogo”,
ma lui intendeva con gli dei e la mia (i)dea proprio
così, da divina aerea meta volante si comporta,
alimentando il più puro dei miei desideri poetici!

Lei ben sa con femminil sapienza quanto il dir di no
sia consapevolezza del prima o poi condiscendere, ma
dopo strenua “Turandottiana” resistenza, a dir di sì. E
quanto questo renda ancor più prezioso il gioiello di
gioia ch’ella pel suo poeta possiede e sempre possiederà.

La poesia si nutre di ritrosa “amai le rose che non colsi”
ed oggi avrei potuto invitare la mia musa all’inaugurazione
del roseto, che nella mia Firenze si compone piuttosto di
iris o giaggioli nel loro tipico color violetto.

È una scintillante cascata di idee d’amore che s’affolla
incipiente al mio cuore, oltre che alla mia mente. E
ove son io il sole sorgerà ancora com’io amo (e già si
compie) amare in ogni e qualsiasi aurora, mentre la
luce per me ancora invisibile del primo sole, che presto
tutto inonderà e riscalderà, disegna l’avito profilo
della gran cupola di San Pietro che Michelangelo
venne a fare “di te più grande, ma non di te più bella”,
a quella del Brunelleschi riferendosi. Ecco che così
spontaneo mi viene affermare la maggior grandezza
dei miei sentimenti per Yohana, ma anche la maggiore
bellezza della sua inusitata purezza d’animo alla mia
persona dimostrata!

Il poeta può essere felicemente dotato di grandissima
capacità creativa, ma senza l’architetturale pienezza
della grazia femminile ben poco potrà.

Qui è la natura che ci viene incontro coi suoi astrali
movimenti universali di luce e segna il momento in
cui la terra, andando in sua rotazione al suo sole incontro,
lo fa veder risorgere ai suoi sempre stupefatti abitatori,
fratti da culture e credenze nutrite di illusioni e pseudo
sapienze.

È un’attesa che ci spinge alla pazienza e alla temperanza,
convinti come siamo, che alla notte il giorno sempre
succederà per poi la notte ritrovare e per me, che di
Yohana scrivo, diviene irrilevante la circostanza in
cui avere la fortuna di rincontrarla in carne ed ossa,
tanto quel suo sguardo m’ha per sempre preso dentro
nemmai abbandonarmi potrà, anche se io fatalmente lo
volessi, vita negandomi!       

Marco Maria Eller Vainicher
(28/04/2012)