LAURA CATALANA DOPO DELFINA ITALIANA
Sembra che la memoria di Apollinaire,
incisa sulla pietra in una piazza ove conobbi
altra Musa evanescente da medesimo nome
di Laura catalana l’iridescente dallo sguardo
scintillante e subito in mia vita ritrascinante,
abbia voluto proteggermi a sorpresa in quel
dì di fredda e austera primavera che mi porterà
dalle passeggiate gianicolensi alle culturali
abbuffate trasteverine.
Ho appena scambiato qualche idea con una
Delfina cineasta alla quale mio lungo poema,
che perora una causa d’amore per eternamente
giovane della mente medichessa, e spero un dì
mia avvocatessa, quando per cultura immediatamente
futura conducendomi da Bibli per una comune
lettura, mi prende un bisognino già sorto da più di
un minutino. Sto per entrare velocemente nel licet
a ciò destinato quando nell’attimo fuggente una figura,
mia vista addolcente, s’infila repente ed io immantinente
riesco a dirle che sì può andare ma, insomma m’ha
rubato l’attimo, però mai mi permetterei e così sul mio
reagirei. Lei afferma “Tanto posso andare nel mio bagno!”
Quel buffo episodio, il suo sguardo avvenente, la mia e
sua galanteria più che sufficiente mi mettono di buon
umore e presto rincontrerò Laura dall’esotica pronuncia
catalana, che per lei definirò un sirventese da comune
lingua d’oc dei Troubadours mediterranei ed occitani
di tempo medievale germinale di nostri idiomi nei latini
e ben apparentati come primi cugini.
Laura ha modi gioiosi e spiritosi e m’offre poi un buffet
pantagruelico che mi delizia, quasi fosse una primizia
nella varietà dei piatti vegetariani che immagino voler
esser come lei catalani. Attendo che per me sia aperta
una bottiglia di bianco che lei mi verserà con spontanea
grazia. Così la conversazione si dipana fra un lazzo, un
frizzo, un calembour, un gioco di parole e l’altro.
E l’energia di Laura mi farà trovare il modo di parlare
con aborrito ‘comandante della poesia’ che afferma
di conoscermi e vorrebbe seppellirmi e com’io tutti i
poeti di professione: son riuscito a viver d’altro per
non contaminare con necessità materiale mia arte
esi(sten)ziale e così penso d’essermi salvato nemmai
sfigurato secondo principio antico in amore: mai
mescolare sentimenti e denaro, ispirazione e mammona
e la freschezza di Laura, mia ultima e prima musa,
m’ha protetto e spinto ad esser me stesso. Come
quando il desiderio di esprimermi lei presente m’ha
fatto miracolosamente prendere la parola su mente
e cervello, proprio in sua presenza-assenza perché a
suo dire lei non mi ha potuto ascoltare per suo
temporaneo mestiere continuare a fare.
Una Laura mi salverà, una Delfina m’accoglierà e il
coro delle muse nel cielo più personale m’eleverà
perché nell’eterno femminino per me è sempre
possibile la spinta di vita ritrovare!
Penso alla delicatezza di Laura che la sua torta
preferita mi farà solo per me assaggiare con affetto
e con tutta la generosità del piacere condividere con
chi sa con lei giocare e i propri animi aiutare a rallegrare.
Marco Maria Eller Vainicher
(16 aprile 2008) |