LA TIMI DI STASERA
(Primo tempo: adagetto)
Timi senza sentimenti, che cos’è Timi?
Ha un volto silvano Timi fra i lieder di
Schumann, ed è una sorpresa strana
vederla come tanto giovane amica che
ha compiuto l’ottavo anno di piano-studio
(mia mamma il nono), con quei suoi occhi
grandi e fondi che agli angeli non permettono
il volo e li fanno precipitare magneticamente
in loro.
Presenta questa fronte così alta e di mente
dotata, incorniciata dai suoi riccioli d’oro
sulla più scura base di colore. È assorta sulla
musica da leggere, deve voltare le pagine la
fresca pianista dalle mani così eleganti. Il
nero di veste la sfina e così le dona nelle sue
forme procaci; è notevole il suo profilo col
naso un po’ greco e la bocca ben disegnata
dalle labbra arcuate.
È il trionfo della vista la gran ninfa di bosco
da Transilvania venuta: ha l’aria della pensosa
e concentrata brava ragazza studiosa e curata.
È un tuffo nella fierezza della femminilità
selvaggia e aspra e forte che sfida perfino la
morte nel mio per lei sentire, gioire, soffrire.
Mi parla dei suoi amori come dei miei amici più
cari che presentarmela vollero e così riscopro la
mia ingenuità assoluta, la mia solitudine non
capita, ma dalla musica lenita e risollevata dalla
poesia tanto sublimata.
È grande il lamento schumanniano mentre
così assorta m’appare quella creatura non vana
che un po’ storce il suo venereo sguardo in
strabismo perplesso nel proprio riflesso, guardando
lontano verso di me che scrivo di lei ma senza lei.
Timi sei Miti (In questo haiku
o sei d’antica beltà dal Giappone stilizzato,
per l’infinità? c’è l’essenza di tua esistenza?)
Vorrai raccogliere questo mio lieve messaggio poetico?
Sì, sarà fatto!
ECCO IL MIO PENSARE
ALLA TIMI DI STASERA
(Secondo tempo: allegretto)
È fantastico aver rincontrato l’arcisimpatica
e deliziosa Timi pianista, l’unica mia non
solitaria bensì fiduciaria che con grande
attenzione ha accettato la mia nuova compo-
sizione in sua e mia premura giuliva. E Mozart:
“Voi che sapete cos’è l’amore” tanto m’emoziona,
come mio poetare in attento ascoltare per lei
ammirare con mia prima timiana poesia in
mano, che or’è l’ultima ma prima ad esser per
lei voluta, dopo un intero anno strano…
Ed ecco il suo sorriso di cuore quando ha percepito
che avevo poetato per ritrovare il mio perso
sentimento del nostro primo incontro.
Poi ha voluto farsi la copia dello scritto per
lasciarmi l’originale, dopo avermi rimproverato
per non aver seguito il suo concerto pianovocale.
Ma poi ha capito che avevo scritto per lei. (E “Oh,
mio babbino caro” m’accompagna nella romanza
pucciniana, quas’io suo genitore fossi.)
Prima il suo a me correr svolazzante, così infinitamente
vivente dopo sua sonata suadente m’ha rallegrato
immantinente. “Mi chiamano Mimi”, la Bohème
timiana e per me ‘talamiana’ vorrei sentirla liberamente
nel talamo con lei, segno vivo ma non privo di tante
formidabili asperità vissute come me da straniera in
patria. (Nella realtà in quel sorriso di bimba impertinente
c’è stata la volontà dirimente di femminile vanità
per un’opera d’arte per lei creata e messa da parte…)
Questa contropoesia o poesia parallela o poesia di
musica sorella cresce ora sulla disperazione turandottiana
e non è poi così vana sua di quasi musica scritta sull’
applauso spontaneo, prolungato e sincero.
Mentre Timi applaude la soprano penso che il suo
rispetto per l’arte, da artista, sia solido e vero: “non
negateci affetto…” afferma Mozart nel “Così fan tutte”
del bis…
Marco Maria Eller Vainicher
(24/02/2005) |