LA FIORAIA SEMPRE IN FIORE
Ho staccato un petalo bianco di purezza
da quella piccola terna di rose, ora disposta
in quasi giapponese ikebana, che la signora
dei fiori ha voluto donarmi con tanta gentilezza,
dopo colloquio ravvivante il senso d’amicizia e
d’affetto che provo per suo padre Rocco, mio
antico e generoso amico calabrese, esponente di
quella forte e saggia umanità che Michel, disastrato
medico corso e oramai sulla strada ridotto, ha potuto
ingraziarsi con sua ripetuta presenza nei pressi
d’un chiosco che trabocca di essenze naturali,
fra cavalcavia ferroviario e chiesa francescana;
ambedue risonanti di quei rintocchi suadenti che
sempre accompagnano mia giornata a casa, graziata
sovente dal sole abbacinante su terrazzo, in questo
attimo ospitante mio desiderio di poetica scrittura e
calura, tanto commoventi quanto avvolgenti.
Enza è fresca, sempre fresca e sorridente nel suo
sguardo brillante d’occhi rilucenti su alta persona
flessuosa e splendente, come le sue rose a gambo
lungo che suggellano sentimenti ed emozioni per
tutti gli avventori in cerca vuoi di piante vuoi di fiori.
Enza è una festa di materna grazia, con i suoi bimbi
Christian e Gabriele, piccole grandi perle di una volontà
d’amare e generare vite felici per sé e sua bella famiglia,
allietata da tanta affettuosa provvidenza radiosa.
Ho potuto con lei e col babbo-nonno rievocare mio desco
ora solitario, per loro invito a condividere, da amico di
famiglia, la frugale mensa quotidiana che li accomuna
nella loro capacità d’ascolto di mia poesia dal vero volto
di non più depresso uomo colto. Loro che coltivano il
gusto della decorazione e della giusta disposizione dei
più bei simboli di natural bellezza.
La brezza di questo central momento della giornata,
vivaddio assolata, dopo la pioggia ristoratrice di primo
mattino, anima e profuma di sé i frali ma ameni miei
fiori e pensieri, non più di ieri, ma d’oggidì e ancor più
di domani e di posdomani, dedicati a noi umani.
Ciò dopo che un geniale Enzo mi fu avo e un secondo
mia più antica amica sta salvando, con i suoi più veri
piaceri risuscitando.
Enza come un eterno fiore è dunque il simbolo più
spirituale, sebbene sentimentale nel suo fascino
corporale, di continuità intergenerazionale che in
una reincarnazione atemporale testimonierà per
sempre il trionfo non meramente nominale della
catena affettiva che ci lega alla vita delle vite!
* * *
Così, all’annuncio del parto di mia composizione,
a lei rivolgendomi provo vibrante e crescente emozione,
mentre un terzo Enzo, che tanto volle sostenermi in
bui momenti di decomposizione, ricompare come d’incanto
per propormi in sperata salvazione da sconosciuta vessazione.
La mia musa non è adusa a tanta poetica ammirazione
e si schermisce interrogandomi sulla fonte conoscitiva
di così inattesa ispirazione, supponendo che solo di
terra da coltivazione io pedissequo cerchi sua erogazione.
In realtà la mia commozione tutto tremante mi renderà
in sublime elevazione e dovrò fuggire per lenire l’eccesso
di partecipazione, sapendo che tuttavia per sempre mio
spontaneo gesto d’arte in cuor suo grande le rimarrà!
Marco Maria Eller Vainicher
(09/11/2007) |