LA DOPPIA BELLEZZA CHE COMMUOVE
(Griet e Charlotte)
Se il cinema è l’arte delle arti e la poesia l’arte
di tutte le arti, l’alta definizione ci permette di
sognare - in un gran realismo compiutamente
singolare - guardando per esempio le immagini
più splendide che il gusto del colore ci abbia
donato in storia dipinta.
Ed è la bellezza di Vermeer di Delft (dopo Caravaggio)
che oggi m’è riapparsa, in tutto il suo onirico magnetismo,
grazie a una proiezione della nuova casa del cinema che
a Roma si colloca in valente architettura quasi a Porta
Pinciana, vicino a dove Annibale in città penetrò…
Quella Griet che fu musancella del nostro gran pittore
e la cui interprete mi dicon si chiami Scarlett (ovverosia
Rossella), nel film assomiglia in modo impressionante
alla Charlotte, che conobbi una settimana fa al Vascello
e che proprio d’amore per la varietà dei colori si nutrirà,
donandomi una nuova vastavista del panorama di città
che dal Gianicolo collinoso è di particolare qualità,
sia verso centro storico sia verso colle Vaticano,
ove non vivo invano fra cupola di San Pietro e mura
medicee, dette leonine ma praticamente fiorentine.
Griet (Scarlett) ha la bocca carnosa, il suo bel nasino,
gli occhi grand’azzurri chiari e il diafano incarnato di
Charlotte, che ha un volto un po’ più tondo e ampio
come i suoi occhi, ma l’espressione è proprio quella,
vieppiù quella!
Charlotte, dal seno parimenti ben formato di Griet, è
più alta, quasi torreggiante e in qualche senso, forse per
l’applicazione allo studio, per la coltivazione dello spirito,
appare più numinosa. Ma forse altrettanto voluttuosa e
attraente, sebbene serena, tranquilla, dolce, accogliente,
di chi sa esser felice d’un attimo di scorcio nella vista in
luce transeunte e specialissima da quell’ampio piazzale
in vario tempo atmosferico, sia solare sia lunare, sia
estivo sia invernale, che all’eroe dei due mondi è dedicato
e perfettamente sublimato, grazie a doppia vista di vallate
e alzate romane insuperate, e non per caso d’antico Gianicolo
per sempre nomato.
Rivedo ora la bocca di Griet: è sensualissima,
polposissima e così posso rievocare Charlotte
ed anche il suo modo di parlare con occhi
da miope, troppo spesso nascosti da vari tipi
di lenti correttive, ora chiare ora scure, che lei
alzerà per me sul capo così da farmi penetrare
proprio la bellezza del suo sguardo accattivante
che in Griet diventa più che stregante, avvincente
perché interrogante, stupefacente, sorprendente.
Ed eccoci ai capelli, che finalmente vengono
nascostamente sciolti e liberati dalla bianca
cuffietta olandese così tipica ma anche
castigatissima: Griet li ha bellissimi, sul biondo-
rosso, ambrato, tizianesco, mentre Charlotte è
sul biondo-platino, ben più chiaro e slavato.
Oro rosso e oro bianco, ma sempre oro…
Ravvicinati nella tonalità dalla copertura della
cuffia bianca di Griet, i colori dei suoi capelli
sembreranno quelli di Charlotte che, amando
la varietà dei colori, amerà sicuramente anche
l’elaborazione di quelli per la tavolozza del
post-caravaggesco, ma altrettanto sublime
maestro di luce, Jan Vermeer.
Lacca di rubbia, gomma arabica, vinaccia,
malachite, vermiglione, olio di lino, polvere d’osso.
E poi l’arciamato lapislazzulo, il blu stellato che ci
darà, col verde intenso della fasciatura laterale,
il ritratto della ragazza con l’orecchino di perla,
che mi farà commuovere nella posa di tre quarti,
così diretta e intensa, e ancor più luminosa di volto
e di sguardo (quasi Charlotte mi fissasse di desiderio).
Ma sarò io che, rispecchiandomici, potrò sempre
immaginarla e ridipingermela a mio piacere:
quella fantastica immagine d’armonici colori,
perché il mio pennello è il cervello ed i colori
i fantasiosi pensieri di questi superiori amori.
Marco Maria Eller Vainicher
(19/XII/2004) |