TUTTO MUTA PERCHÉ NULLA MUTA
E NULLA MUTA PERCHÉ TUTTO MUTA?

 

Quell’amor di Miriam piccolo confetto,
bonbon o petalo di rosa per me
meraviglioso, s’è ritrovato in un giorno
così piovoso e tempestoso, che i miei
locali dicon “piovon le mele” e gli
angli ospitali “It rains dogs and cats”.

In sul far del mezzogiorno lascio Levanto
con una brillante bonona oggi singolona
che l’orror d’incendio antiboscoso senza
voler mi mostra, lei salva per il vento che
all’ultimo momento ha mutato di spinta
direzionale, sennò fritta sarebbe stata e
con la casa bruciata.

Dopo la sensazione d’aver attraversato
l’alta Engadina dal gelo spelacchiata, ma
è la Liguria bruciata, il mio destino proprio
un vigile del fuoco mi farà incontrare per
mio alloggio affittare. Arrivo intanto alla
bella casa gialla, inconfondibile nel suo
sorvegliar il golfo e diventare agli occhi
di tutti la magione ideale. I miei archetipi
son favolosamente là ad aspettare che il
mio sguardo commosso li riunifichi
in tenera evocazione e ricreazione, per
il mio foro interiore rilluminare ed il
mio potenziale lettore con me sempre
sentire.

È l’acciottolato col pavimento, allora asfaltato
e oggi impietrito, che per primo mi restituisce
le corse dei bimbi a piedi nudi ch’io mai e
poi mai avrei potuto fare, da educato borghese
con la madre a controllare, e con la propria
invidia per tanta proletaria libertà di scugnizzi
che a pugni sapevan fare e oggi forse scomparsi
son, come le infiorate per le feste comandate.

Ci sarà poi il delizioso Hotel delle Rose di
Bonassola ad accogliermi in tanto specchio     
marino per me che, di mamma Gabriela a
Levanto battezzata e non Gabriella nomata,
son figlio secondo da lei nata, nel venti
di novecento alla candelora in sulle sette
del mattino e da nonna Anna scodellata ma
che oramai da più di quarant’anni non c’è
più, dopo che nel quaranta il venti d’agosto
s’era sposata, per poi dopo sei anni partorirmi
di maggio ventiquattro, avendomi concepito
proprio in tale occasione intenzionalmente
anniversaria, come per Rita mia sorellina
primaria. Per l’appunto mi viene in mente che
anche mia figlia Serena fu così in anniversario
‘preconcepita’ in quel di via San Teodoro ottimo
ristorante, sotto l’arciromano colle Palatino.

Intanto quest’evento sulfureo di fuoco bruciante
ed evocante mi si para davanti, a contrasto
col mio dolce mare da ritrovare e mia memoria
alimentare, per con Mnemosine ricongiungermi.
Ed è verde blu trasparente quel vivo specchio
d’acqua che il piano di Bacalov, col suo Postino
a suonare, tanta profondità del mare m’ha
permesso di interiormente rappresentare.

Sulla riva si frangono le ondine a tratti in alti
cavalloni trasformate e ricevendomi coll’
eterno acciottolìo di ghiaia rotolante, subito
pianger mi fanno d’eterna, tenera dolcezza
per mia ‘vitamorte’, al di là di tempo e spazio.
E ciò accade in visual, acustica e odorifica
e tattile e sulla lingua di gustoso assaggio
sensazione, in incessante risciacquìo che in
quel mondo i sensi purifica e lo spirito
nell’estasi del brodo primordiale santifica.

Così ora mi tocca con tatto il sole oggi malato,
dietro la coltre di nubi in questa mattina fissandomi,
e tutte le più grandi gioie con me evocando. Come
quella fata Cecilia tanto sorridente, e con prezioso
bimbo di fronte a me super giocante, ma in sottil
inconscio desiderio esprimendo di ulteriore
figliolanza in gran baldanza, che con fantasia
senza afasia nuovo pargolo immaginario al mondo
metterà, per poi ritrovarsi sempre a concepire mondi
di tutte le età, nella poetica affettiva abilità di muse
tutte lo scrivente ispirando...

Marco Maria Eller Vainicher
(15 giugno 2005)