STILL LIFE (SEMPRE VIVI)
La notte bianca è per me etrusca
ed il suo incanto è nella vivezza
di quei cavalli alati, appena prestati
da Tarquinia alla Villa forse più
fastosa della Roma manierista,
ove li venero e studio in folgorante
illuminazione, dopo aver scambiato
mille idee con il più valente degli
studiosi di archeologia vivente e
rivivente nella loro evocazione.
È per rubare da quella fittile
espressione d’arte la naturale
asimmetria del movimento che
spicca il volo, palpitante di vita
tuttavia mitica, dunque psicopompa,
trasmutante fra realtà e mistero,
credenza d’anima, scaturigine dalla
materia per sublimazione metafisica,
strumento di movimento, forza di
armonia muscolare e carnale, per
l’ascesi più spirituale, simulacro di
bellezza pura.
È la proporzione formale che mi
eccita nel profumo arcisensuale
di una fascinosa avventrice ideale,
capitata proprio a suggello del
momento più bello.
Poi lo sguardo si appoggerà sui dettagli,
con le bardature qual’elemento di vestimento
estetico in traino d’un carro persosi prima
dello scavo, coppia domata e non imbizzarrita
ma tesa per lo sforzo in eleganza condivisa
dal luogo di mia visione, quella Villa Giulia
che tuttavia nel suo ninfeo ospita una delle
più volgari manifestazioni del nostro tempo:
quel lotttizzato premio Strega che col suo anti
Fata si cercò di additare al pubblico ludibrio.
Ora, nella bellezza classica di quei Pegasi,
si esprime una sintesi sempre vivente e
rinascente di poetica ispirazione che ci
permette di afferrare la quintessenza dello
“Still Life” o “natura viva”.
Marco Maria Eller Vainicher
(09/09/2006) |