SEPPUR L’ALBA

Trasvola ampio e intermittente
l’Airone bianco a mia vista indulgente,
col sole fulgente che disegna sul lago
di marmo una striscia di luce
abbagliante. È un’alba che nitida
allontana le nebbie svanenti sui
monti di Tuscia e sbianca case,
facciate, profili d’alti strapiombi che
fantastici evocano grandi cetacei e
mostri marini, quasi si fosse a Loch
Ness e non fra Marta e Capodimonte.

Ier sera era ardente il tramonto,
dagli aranciati, ai rosa, ai violetti,
sul lago specchio della più vasta gamma
di colori, con i chiari sfumanti in scuri.
Da quello stesso lato stamani
brucia il sole cocente e abbaglia
la vista renitente, ma è placido di profumi
e di canti d’uccelli l’ampio invaso fatato.

Quanta storia e preistoria su questo cratere
di rena nera che rende color mercurio
la riflettente superficie calma e felice.
Si trasfonde la piccola altura di Marta
in un riflesso ‘cézanniano’ ed è irrefrenabile
il desiderio di tradurre in poesia quel quadro
di natura che avrebbe potuto essere il tema
d’una miriade di pittori di tutte le scuole.

Le colline sono leonardesche nei loro sfumati,
l’impressionismo come i macchiaioli e
l’espressionismo avrebbero potuto tranquilla-
mente elevare a propria icona la fantasmagoria
di questo lacustre scenario così particolar-
mente accogliente e bonario.

Come al solito disturba l’orecchio in
poetica concentrazione la chiacchera
sguaiata d’una pseudo-allegra brigata,
ed è la costante di questo mondo assatanante
l’acustico disturbo dell’umana vociante
violazione di musica e parola in rassegnata
sottomissione, segno del tempo asociale
e irriguardoso di chi dovrebbe esser dell’ambiente
e quindi degli altri umani esseri rispettoso!

Il destino vuole che un gigantesco ‘camione’
venga a ritirare la spazzatura del fine
settimana e mi costringa a cambiar posto,
d’altronde disturbato dalla polvere di uno
sterrato che le macchine percorrono senza
mai rallentare, sbattendosene altamente
del respiro dei propri consimili.

Questo è il risvolto prosaico di tanta bellezza,
con la trascuratezza dell’umana impudicizia
che meriterebbe d’essere affogata in uno
specchio d’acqua qualunque, se non nell’
immensità del mare!

Marco Maria Eller Vainicher
(18/06/2007)