QUELL'ALESSIA A FABRIANO RIVERBERATA
Delizia delle delizie, in Appenin’ incastonata, in
tiepido inverno ci accoglie... senza neve ma in
pallido sole. Amene coincidenze nel suo seno fra
Castelvecchio e nuovo mi e ci capiteranno così da
spingermi a fruir di sue bellezze, malgrado il mio
occasionale fastidio subito da chi divorganizzatore
di sua pittorica mostra medievale vuol esser in gran
clamore protagonista.
Con attonito garbo, ad egli antitetico, passeggiamo
cittadin’ atmosfera catturando e suo buon cibo
assaggiando. È l’archittetura sua che crea nostro
“genius loci” fra rossi mattoni a vista e bianche
pietre locali che i voltoni a sesto acuto esaltano
in gotico tripudio.
L’indomani son in una sala di crocifissi pitturali,
quando alta femminea voce mi distrae dallo studio
documentale di pannello verbale e così protesto anche
se la sua fonte, poi m’accorgo, è di monumental bellezza
bruna. Lo scambio ben educato sarà, anche se non poco
rissentito, finché in altra sala con Gentile protagonista
sarà mia voce rivolta ad amico poco udente a disturbare:
pari e patta, pel richiamo al silenzio!
La cittadina sarà più tardi da me attraverssata e in
vertical cappella a Giotto intitolata ecco riapparir
la bella cavalla bruna, che con reciproca gioia a
sorpresa rivedrò celiando sul nostro esserci ritrovati,
lei di gran beltade signora da me dichiarata, con per
me disinvoltura rara perché mai esercitata.
L’intesa in vicendevole pace innamorata sarà da mie
parole e suoi sorrisi con ambedue le mani unite e
strette sancita e a futura sentimental amicizia subito
dedicata. Che bel gioco di realtà che ogni bensì poetica
fantasia supererà, quasi il destino per simmetria volesse
unirci in quei luoghi all’arte consacrati aldilà del nostro
fisico tempo per metafisica, eterna, di delizia memoria
sempre rigenerarci.
Marco Maria Eller Vainicher
(16/01/15) |