AL GOLFO PRIMORDIALE 

Evviva la spuma del mare che si
spande bianca sull’azzurro dell’acqua
ove per la prima volta mi bagnai!
Evoco, rievoco, invoco, avoco.

Così ho appreso il mio carattere, come
disse il poeta siriano: sei schiumante come
“L’écume de la mer” e le tue impennate
sono quelle dei cavalloni che si frangono
irati contro le asperità della vita.

Hanno voglia a colpire la durezza della terra,
a sommergerla per qualche metro, ma
saranno poi sempre respinti nel loro
alveo originario che pure ha un ‘retromare’
(un fetch) più vasto, ben più vasto del retroterra,
se le terre emerse sono solo una piccola frazione
di quelle sommerse.

È come il conscio con l’inconscio e la memoria
affettiva insieme al pensiero a fare da tramite,
con la parola che sempre la esprimerà incessante,
stupefacente anche nel gran silenzio di sofferenza.

‘Per chi urla e per chi tace, per chi grida o si dà
pace’, per tutti è, volenti o nolenti, la più che
natural’umana espressione universale.

Intanto il sapore e l’odore del mare, la sua brezza
iodata, unica di Bonassola, mi riempiono
bocca e narici, dopo avermi sua vista
illuminato vita e pensiero.
Tutto viene dal mare, per me questo mare,
e ad esso ritorna: è la vita stessa con
la sua morte rigenerante.

“Ma è vivo!” disse mio fratellino Luca,
vedendolo per la prima volta a due o tre anni,
con l’espressione più poeticamente sintetica
che si potesse concepire sul mare...

Vedo stamani orizzonti nitidi ma dalle nebbie
offuscate. E in questo cammino per Levanto
posso rappresentare a ritroso il mio cammino
di vita, il Tao che a tutti è dato di vivere, la via
di morte e di vita che tutti ci accomuna,
senza che per forza si sia in grado di conoscerla…

È il destino frammisto alla nostra volontà.

È il caso senza caso in quest’occaso di
cicaleggianti friniri e rilucenti tele di
ragno contro lo smeraldino di mare
sfumante in colori evanescenti e sempre
varianti, cangianti, mutanti…

Poi sarò nuovamente alla ‘casa gialla’
(da mio padre celebrata) e oltre per
mare verso le cinque terre e Portovenere
fino al mitico golfo dei poeti ove
i luoghi cari a Byron e a Shelley
potrò riconoscere con loro eterne
sentenze che tanto squarcio sul
senso di nostra vita ci donarono…

Una smorfiosa biondina norvegese,
il cui idioma riconoscerò per orecchio
aduso, non vorrà entrare nella mia poesia:
l’ignoranza non viene mai senz’arroganza.

Quante diverse, imprevedibili, reazioni!
Ma da chi ama la poesia una guidina di
Portovenere donata avrò, in barba alle
supponenze diffidenti e saccenti,
ricompensandomi e dunque amandomi.

Marco Maria Eller Vainicher
(2 luglio 2005)