LA FINE DEL GIORNO

Nell’ora in cui si allungano le ombre
e il sole brilla più tenue qui sul monte
Circeo, il mare si fa sempre più blu
profondo, contro il cielo intriso d’azzurro
slavato e la bellezza dei marini colori,
striati e spumeggiati dalle piccole onde
del dì di calma, avvolge di sé ogni pensiero,
anche il più nero, per renderlo vicino al
vero nostro senso di vita, che rimane un mistero.

È la calma appena ventilata che dà pace
all’anima, oltreché ai nostri sensi, guastati
da infiniti inquinamenti prima acustici e
poi visivi, oltreché olfattivi.

Per chi ama la musica l’orrore del rumore
è una tortura pura, mentre lo sciabattìo
marino ha qualcosa di divino per l’eterna
natura che sempre si sposa con la nostra
più alta cultura.

Un napoletano venditore di cocco canta
in rima una filastrocca per piazzare la sua
modesta frutta d’altrove e mi confessa di
non sapere né leggere né scrivere, eppure
a suo modo è un poeta che si inventa giorno
dopo giorno il suo modo di vivere urlando
a squarciagola ai bagnanti pigrotti, con
l’allegria dolente di chi è onesto, anche
se ben poco desto.
I padroni dei cani scelgono quest’ora per
portarli a spasso come il Mann di Lubecca,
e presto sarà sera come in ogni era.

L’aria rinfresca, la luce si attenua ed il
mare sembra ancora più brillante e cangiante, 
tanto da farsi così attraente che verrebbe
voglia di mai più abbandonarlo nella
immensa distesa ove lo sguardo mai
riesce a superarlo.

Marco Maria Eller Vainicher
(13/06/2007)