IL POETA E LA BALLERINA

Ricordando “Tutti i sensi del Rosa (o di Rosa?)”
in una fantastica mattina di sole,
che ancora stupendamente splende in
questo primo meriggio di scrittura,
mi reco per visita solinga al comunal
roseto in seconda fioritura su lieve altura.
Esso fu sacra terra di sepoltura pei nostri avi
giudii romani e tuttora digrada per vialetti
a bracci di Menorah dalla collina aventina
verso il Circo Massimo ed il Tevere che, nascosto,
scorre poco lontano oltre le vestigia d’un colle
Palatino accosto al Capitolino, tanto impreziositi
dalle imponenti antiche rovine di cotto e di peperino
fra il rosaceo, il rossastro ed il grigio per antri ombrosi,
alti, slanciati e finemente ancor di marmo arcuati.

Percorro il cammino per arrivare all’entrata
superiore del giardino e senza volere trovo da
stazionare vicino al cancello dell’adiacente
accademia nazionale di danza, ove un’estate scrissi
all’Africa dolce e martoriata in balletto rappresentata.

Proprio in quell’attimo una sorridente (e d’aria astuta)
fanciulla-signora bruna esce per partire in auto ed io,
non so più in quale successione, le chiedo se noi siamo
“poeta e ballerina” che, incontrandosi, possono aiutarsi
bensì in una pratica incombenza. “Occorre saper chiedere”
rispondo alla gentilissima creatura che m’offre il suo
sostante tagliando, valido fino alla serata inoltrata e così le
lascio il mio elettronico sito, rispondendo a suo gesto
cordiale così come a suo diretto sguardo accattivante.

Che spinta perfetta alla gratuità in lieve sinergia, che
delizioso incontro d’umori, non solo freschi e spontanei,
ma subito generosi, capaci di reciprocità immediata, con
motivazione fors’anche meditata, se non in quella
medesima occasione, nel passato già vissuto e pensato.

Ho visto corrisposta la mia iniziativa ben predisposta
ed è una piccola gioia ricambiata che comunque lascerà
un buon ricordo, se non un’opportunità per ritrovare un
contatto e poi chissà, la poesia che si unisce alla danza
nelle nostre persone, mica male come fusione!

Eh Voilà, già immagino le sue figure di danza, della di lei
fanciulla-signora, che in armonico accompagnamento
musicale mi permettono di creare una nuova composizione
tutt’altro che rituale. È stata la spontaneità, l’apertura solare
in quella splendida mattinata soleggiata che m’ha
graziosamente sorpreso: il candore di due anime bambine
che possono donarsi il piacere di farsi aiutare e di aiutarsi
in assoluta libertà per una piccola fatalità.

Il giusto spirito, la piacevolezza e la memorabilità
dell’incontro vissuto in lieta sorpresa: non posso credere
a un proseguimento di tanto abboccamento già annunciato
ad Alicudi da fata-strega irlandese, insegnante di
“Classic Ballet” e da quasi gentile non ballerina paolina.
“Non c’è due senza tre” qui dovrebbe esser sfatato da quel
commento a mia poesia che tanto ho chiesto per esser poi
gratificato piuttosto che negato: anche se sfiduciato voglio
credere che si possa rinnovare la spontaneità di un incontro
già avvenuto nel sole di fine ottobre, così speciale, così fatale?

Marco Maria Eller Vainicher
(31/10/06)