IL CINE DI FAMIGLIA
In questo quasi post anniversario
della scomparsa sia di mamma (mia)
sia di nonna, ma a distanza di 20 anni
fra loro nella medesima notte di Sabba
o delle Streghe, però con Nonna dopo
Mamma, come se la fine di vita
loro fosse stata proprio l’inverso
dell’inizio… Ebbene, dopo qualcosa
come cinquantotto e trentott’anni,
mi capita di rivedere con commozione
incredibile il film ricongiunto dei nostri
anni d’infanzia (per me meno di dieci),
cioè di quando perdemmo chi ci filmava…
Ovverossia mio e nostro padre, ben 65 anni fa.
Quel che subito sembra speciale nel
filmino è il solar riflesso dei biondi
capelli lisci, miei e del maggior fratello,
nella tenerezza d'una famiglia già
numerosa, alla quale si sarebbe poi
aggiunta mia sorella, dopo il minor
fratello del filmato protagonista nato…
Quant’è forte evocare tutto questo
con tanti veri e profondi sentimenti,
ora consapevoli d’una fine tragica prima
di babbo 47enne con mamma 36enne
poi, dopo un settennio, di Lei solo 43enne,
che mai si sarebbe potuta presagire
in quelle dense immagini di felicità
familiare, con una sfera affettiva
intatta e nei luoghi di visita più
importanti a Roma da Firenze,
come piazza San Pietro e Villa d'Este.
Ordunque l'evocazione è esercizio
d’indicibile partecipazione e così
si capisce perché fummo scelti
dal monsignore officiante, nella
nostra parrocchia del Sacro Cuore
di via Capo di Mondo appunto a
Firenze, per fare i chierichetti della
messa principale: quella del mezzo
giorno domenicale, con la nostra
bionda bellezza d’apparenza angelicale.
Anche nel filmato appaio come il più
agitato e il più discolo, refrattario a
farmi inquadrare, scontroso e poi
invece voglioso di comparire in scene
di cadute, incidenti o accadimenti
alquanto movimentati…
Per la verità sto scrivendo al fine di
legittimare i miei bei ricordi poetici,
in barba ai pidocchi che cavalcano gli
elefanti, ovverosia quei critici di mesti-
ere che vivono della loro tant’accademica
quant’acerrima pontificazione, giudici
irrichiesti di materiale poetico che per
forza di cose occorre si basi su vita dal
proprio io vissuta o almeno immaginata,
da un’esser scrivente purchessia!
Il salto d’un bimbo men che treenne (il
mio, allor bellissimo perché dai boccoli
dorati, minor fratello), una sua smorfia,
l’incontro con coetanea bimba riccioluta,
un mio movimento in bici, una corsa vera
o figurata mai dovran esser ceduti all’impa-
ludata obiezione d’un mero chiosator o
chiosatrice, critico letterario detto!
Marco Maria Eller Vainicher (1 maggio 2021) |