I COLORI DELL’ INVERNO

Piccola Barbara di sogno che non posso dimenticare
mentre cammino pei parchi invernali di ville
tardorinascimentali, mentre nutro il mio sguardo di quel
poco di vita che hanno ora le piante quasi addormentate.

È la tua immagine che si vivifica di quel sorriso finissimo
di bimba gioiosissima su quello sfondo mesto,
quasi elegiaco di chi ha tanto sofferto nella
Vienna più gelida di ghiaccio un po’ molliccio.

Ma vedo un lillà da un fioraio elegantino
che si pasce del simbolo vitale dell’elefantino,
poi posso godere d’uno straordinario giardiniere
che mi dà tutti i nomi in sinfonia d’inverno
dei più bei ciuffi di fiori bordeggianti i viali
un po’ imperiali e aurali di Villa Aurelia,
la bella di Stradella e di Carter come di Barber
o di Petrassi come di Baggiani, tutti esseri non vani,
ma musicanti che riuscirono a comporre
senza la propria originalità mai deporre.

E a me aiuole appisolate vengono mostrate quasi
come “Ninfe fate” di Lantane, Spiree, Viburni, Lavande,
salici, penduli rosmarini a cascata, allori e rose bianche,
dall’ inverno stremate ma ancor più illanguidite
come mia pallida Barbara austritalica. Poi ligustri
posti a scacchiera di fronte a cremosa fantacostruzione
con gran terrazza come mia fiorentina a balaustrini
e loggiate fregiate di decori maggiori, ma inferiori
rispetto alla casa rustica così mistica nella
sua monastica semplicità classica.

Qui sei tu felice incontro, incontro felice,
insieme alla superelegante e campagnola tua
casa d’accoglienza così piena di tradizione.

Non so dimenticarti né riporti nella mia tenera
intimità di cuore: vorrei conoscerti e testimoniarti
questa mia forza del sentire senza mentire.

Marco Maria Eller Vainicher
(13 gennaio 2005)