GITA A PONZA

Un fortunale ci coglie a Ponza con la mia amica Franca
pittrice di casa bella detentrice, che ha fantastica vista
in ogni direzione e per ciascuna stagione.

Forte, come il nome Carloforte della barcarola ove sto
navigando, sarà lo scroscio di vento e di pioggia che sul
mare fantasticanti arabeschi di burrasca disegnerà e la
forza di natura ci ricorderà, che tutto avvolge e sostiene
e a nostro stupore si rivolge per farci sentire preda degli
elementi più imponenti.

Son ora a scrivere in questa carretta, ove stamani ho
un poco sofferto il mare per afferare la gita ponziana,
così lontana nel tempo di mia saltuaria permanenza
in altra età e tendenza di cambridgiana saccenza, quando
con Riccardo, acuto osservatore purtroppo ammalato di
cuore, venivamo qui per cercare fanciulle in amore.
Tempi di gioventù che sembra non ci siano più, ma non
rimpiango e neanche mi tengo nel ricordo mio in accordo
con la scoperta che sempre avanti occorre guardare e
l’attimo vivere nell’intensità del conoscere in poetica
visione.

Sono appena uscito di poppa per vedermi l’isola spruzzata
dal mare forza sei e godermi l’impressione da maremoto
dell’onda che sballotta il natante e l’inchina in beccheggio
e rollio, senza fio. Spumeggia e biancheggia questo mare che
a tratti sembra di Norvegia a tratti di supermediterraneo e
prende a tutti la mano e gli stomaci più delicati. Non ce la
farò più a scrivere nelle lunghe ore di questo nauseabondo
sentire che mi costringe ad assumere in perfetta successione
un antiemetico per non espellere anche l’anima.

Le onde capricciose d’un mare incrociato ci fanno inclinare
anche di lato fino a temere di scuffiare e la gente pian pianino
si accascia nel panico, mentre sul tramonto riprendo fiato fra
le irrefrenabili spinte dei flutti con la vista ammaliante
del raggio verde che sembra comparire per farsi vedere
dall’occhio dl poeta senza meta, tuttavia incantante e
stupefacente. Di nuovo mi sentirò male per la bolgia
generale, così sfiancante nella interminabile lentezza
di questa traversata così avversata dagli elementi più
prepotenti che suadenti.

A Chiaia di Luna avevo potuto rivivere il mio golfo
primordiale, con una spinta di vento che quasi ci
atterrava e quasi mi atterriva, con la lamentosa Franca
ritegnosa per le tante esperienze e lutti, anche ex
fraterni, pur godendo di una vita così interessante
per la propria innata d’arte intelligenza pittorica.

Il vento tira anche ora e mi spinge a partire per gioire
dell’idea di ritornare, ma senza strafare per l’indomabile
forza del mare.

Marco Maria Eller Vainicher
(28 maggio 2007)