FLORENCIA SPOSA, QUAL MIO FIORENTIN DONO.

Tant’è il bisogno di quella mia città, che i natali mi dette
e perfino nella via intitolata a quel Lorenzo il Magnifico
dei carnascialeschi canti che, comunque io la possa evocare
e con chiunque, vado in brodo di giuggiole (a dir poco)!

Vedo in ciò un segno del mio imperituro amore per colei
che ad altri di me ben più illustri i natali donò e in lor
gran fama si rispecchiò, nuov’Atene di Rinascenza.

Ecco che un mio vicino appena trasferito: il romano
Massimiliano di gran imperial nome, sua bella sposa
m’ha introdotto radiosa nella sua diafana biondità,
avvolgente volto a me apparso, benché seminascosto
da obbligatoria antipandemica mascherina, oltremodo
interessante e da meglio conoscere…

Il sorriso di Florencia da Baires, dopo averle chiesto
curioso il suo nome, m’ha permesso di ridonarmi l’
identità di fiorentino e di promettere quell’attenzione
poetica che proprio in questo medesimo istante sto
manifestamente esprimendo.

Flor, Flora, Fiore, Fiorenza, Florencia tutto spinge alla
ben profumata bellezza di vita e per fortuna obnubila
gli assalti dei ‘tantroppi’ dolori, vuoi fisici vuoi mentali,
che me l’hanno sovente allontanata fino a dissolverla.

Che sia di buon auspicio il lor arrivo a casa mia in
questa fetta di Roma ‘sovrapapalina’, ove con mia Firenze
possa ritrovarmi, anche se non mi è dato, dai fottuti
conosciuti fiorentin vicini, d’esser là ospitato, il che
mi farebbe beato…

Marco Maria Eller Vainicher
(Prima metà d’ottobre del 2020)