COSMO IO TI AMO!
(anche se sei proprio strano, come Giano)
Qual marinaio del cielo, in questa di meraviglia
e acquea fine notte e prim’estiva da stella
mattutina e lanterna di cupola vicina illuminata,
tuttavia poi d’azzuro sfumata in più che
rosata e quasi aranciata aurora boreale ed
orientale, non australe né occidentale; io ti
ammiradoro, nostro babbo cosmo, da madre
natura unito in coro a nostra terra sempre
sospesa e rotante, meglio in orbita solare
rotolante e in crescente di sua atmosfera
inquinamento oramai rantolante.
Ti vidi in verde qual fuoco fatuo da lunghe
lingue di sole alimentate, contro cielo buio
di stelle punteggiato nella mezzanotte polare
di Lapponia gelata, quel primo d’anno or quasi
dimidiato; ti vedo oggidì in tuo eterno coniugio
fatato con nostre terra mamma svanire offuscato
da nubi da Nord provenienti in crepuscolo d’alba
incipiente, la bella stella del mattino svanente per
l’unico nostro sole prim’azzurante e poi in sua
luce possente tutti noi accecante, per le stelline
tremule e belline far fino a notte scomparire.
È strabiliante che tanta fantasmagoria di parole
da mia mente proveniente, e a te me (ri?)congiugente,
neanche dia la più pallida idea della inarrestabile
varietà dell’incessante spettacolo che sempre ci
doni, attraverso lo spazio tempo in permanenza
se rigenerante, ordunque strabiliante.
La creazione c’è sempre stata e sempre ci sarà,
né c’è dato sapere come mai ci sarà, c’è e c’è stata,
perché è solo qui e ora e da nessuna parte
(now here and no where) che si sta rigenerando
anche in nostra mente sconcertata.
D’improvviso m’accorgo che, come pochi giorni fa,
anche quest’alba è il tramonto del bel tempo di poco
fa, addensandosi una coltre di grigie e spesse nubi
proprio non rade che tutto il cielo invadono.
S’infittisce la soffice e bambagiosa cortina grigia perlacea,
là ad oriente imponente: oltre il profilo di boscose
montagne ascose uno squarcio di cielo s’apre di rosa
nuovamente tingendosi e di quel bel colore in supremo
stupore invade cammin facendo le nubi in un quadro
stupendo. Così il barrocco romano dei vasti soffitti di
chiese e saloni dipinti io associo e ben meglio intendo.
Intanto un gran gabbiano reale da sud ovest con sua
ampia apertura d’ali volanti rapido fila verso nord est,
quasi fosse una coppia d’oche canadesi bianchissime
che trasvolano i cieli nordamericani di mia memoria;
e silente ora mia terrazza sfrecciando sorvola, senza
doversi in elicottero appropinquare, come invece sempre
fa il gran papa in bianco apparato da e verso mio troppo
vicin vatican stato nel povero silenzio da gran rumore
di motore squarciato e perciò con noi in verità disturbato.
Marco Maria Eller Vainicher
(25/06/09) |