CHE COS'È UN'ALBA TOSCANA?
(dalla finestra di camera massimina)
Come non afferrare in questa fine di maggio
il profumo d’aria toscana nella vista
stupendocollinare di campagna verdinfiorata
fra il verseggiare vicino e lontano di tanti
volanti sé perdenti in questi clivi ondulati
e da tante essenze adornati?
Come non vedere il monte Morello, sempre
quello, profilarsi più distante ma all’istante
oltre il profilo dei cipressi fitti e spessi, ritti
sulle dolci colline più vicine?
Il trillo d’un fringuello che scende in picchiata
m’afferra l’udito tutto basito, mentre ancora getto
lo sguardo dal finestrino della camera di Massimino
(non più bambino) sul dipanarsi per casolari sparsi
della Ginestra fiorentina così vicina ed in ogni
momento il respiro (che quasi trattengo) può inebriarsi
della fresc’aria di campagna fatta di odori d’erba e
di fieno e di fiori dai mille colori in mia vista estasiata.
La semplicità angolare d’un comignolo cubico, che
si staglia sulla pendenza di più esteso tetto d’antico
modello arcano, dialoga in coppi ed embrici col piccolo
fumaiolino a camino sovrastante profilo rosato dell’
insuperato fienile, modellato secondo canone prima
vitruviano e poi leonalbertiano.
M’accorgo così, in queste forme fra natura e architettura
dell’insuperato genio toscano che è poi anche il mio,
misconosciuto e vilipeso per il troppo o poco peso
datogli da questa contemporanea genìa incapace
d’avvertire la bellezza e la forza di tanta energia
condensata in mente sopraffina, tuttavia piccina
quando s’adira e così scongiura ogni abiura all’
amore per il creato e il supercreato beato.
Come dire addio alla bellezza di questo mondo,
che si cerca di deturpare oltre ogni regola
edilizia, per idiota ricerca del dolore d’altri
e dell’insapore volontà d’arricchirsi in
esercizio di potere senza quartiere?
Permettiamoci il bello, che buon’è, e ancora
stupiamoci d’un’alba in campagna quasi
fiorentina, certo toscana, che tanto genio
ancora creerà se nel rispettarla e preservarla
sapremo svilupparla nel segno di veramente
comprenderne l’unicità.
Marco Maria Eller Vainicher
(30/05/2009) |