A BARBARA LA PRIMIGENIA

(Il sublime della poesia è che è lei
ad afferrarmi, senza ch’io la cerchi).

Nel pieno ricordo di tuo ancestrale profumo,
serbato dal tempo a lungo trascorso, io scrivo
(dunque risorgo) a te perenne men che sedicenne.

Tu che mi desti i primi sensi di femminella
e non più d’infante bambinella,
con quei seni ancor troppo minuti perché
tu li accettassi senza volerli arrotondare
di gommapiuma aleutissima e morbidissima
nelle coppe di raso rosa setoso e traslucido.

Ed io che al tatto univo il massimo dell’odorato,
celebrato da sempre nuova vista di tuo biondo
splendore unito al candore di tuo incarnato rosato:
così ci univamo in grande afflato iperbramato.

Eri di solidissimo impianto angelico, dotata
di superbe rotondità superiori, centrali e inferiori
in quella vis(i)ta ieratica de(a)ll’Annunciazione
di Simone Martini così finemente erotica, ove non
avrei saputo scegliere chi più ti raffigurava, tu
loro sintesi estrema, madonnangela archetipica.

Eri di dolce e di grande desiderio nutrita
nella tua corsa alla scoperta del mio corpo
così verso te prima sospeso e poi proteso.
C’era una cogente attrazione che ci stordiva
e ci faceva trasgredire ogni imperativo educativo
per travolgente forza sensuale e spirituale.

A San Miniato, quel mattino incantato (e alla scuola
rubato) nella cripta straordinariamente irraggiata,
coinvolgemmo un sacerdote che credemmo turbato
in nostra confessione trasognata di peccato d’amore  
religiosamente immaginato e fortunosamente consumato.

E la nostra bella Fiorenza si estendeva sui lungarni ai
nostri piedi, quasi per supplire a quel nostro amore
fiorito a Boboli e rinverdito oggi in nuovo incontro
di tua omonima così ironica e persino sardonica.

Non ero allenato a tanto impegno d’amore
e temevo d’esser così scorticato in tanta ricerca
di piacere innato e sublimato sul talamo
dei miei genitori a fortiori presenti perché oramai
assenti e non più viventi: così la poesia può farmi
rivivere tutti, tutti gli incontinenti momenti
più belli, più incantati, più fortunati e intoccati…

Marco Maria Eller Vainicher
(3 novembre 2004)